Che l’amore fra i due leader maximi fosse roba da “una botta e via” doveva intendersi subito dalla trionfale conferenza stampa e dal lungo accordo sottoscritto con tanto di stretta di mano.
Nel guinness dei primati degli amplessi elettorali quello fra Enrico Letta, segretario del Pd, e Carlo Calenda, leader di Azione, resterà agli annali per il più breve e probabilmente meno eccitante accordo mai voluto e consumato.
Un petting elettorale fin troppo lungo per durare fino alla consumazione totale dell’amplesso che, infatti, in linea col ‘tafazzismo’ ormai endemico ad una certa sinistra, è finito “a stracci”, con tanto di accuse reciproche via tweet.
“Ho ascoltato Carlo Calenda. Mi pare da tutto quel che ha detto che l’unico alleato possibile per Calenda sia Calenda. Noi andiamo avanti nell’interesse dell’Italia”, ha cinguettato il leader Pd Enrico Letta.
Il Carlone nazionale, alfiere dell’agenda Draghi, ha scelto la finestra di Lucia Annunziata, “Mezz’ora in più” su Rai3, per annunciare il coitus interruptus con i democratici: “Dal momento successivo al nostro accordo hanno bombardato l’agenda Draghi: ci doveva essere una coerenza di linguaggio che è saltata subito”, ha detto Calenda definendo la coalizione messa in piedi dall’ex compagno Letta “una coalizione a perdere”.
Questi sono solo alcuni riflessi di una campagna elettorale in infradito, nel segno di un’agenda Draghi che, diciamolo, per molti sta diventando presagio di sventure.
Dall’altra parte il tridente Meloni-Salvini-Berlusconi si lecca i baffi. Mai come stavolta è sufficiente prenotare un viaggio sull’Himalaya, staccare telefonino e social, e presentarsi fresco il 26 settembre per vincere a spasso le elezioni.
Con buona pace (o col consenso informato) di tromboni e trombati che nel centrosinistra ancora pensano di vincere le elezioni al grido “allarme! son fascisti!”.