Le concessioni demaniali non sono solo quelle marittime, ma tutti i beni di proprietà dello Stato e di altri enti pubblici, non utilizzati per usi istituzionali che possono dunque essere avviati ad una valorizzazione economica, sociale, culturale, turistica, assicurandone tuttavia la fruizione pubblica, sottraendoli al degrado e aprendoli al pubblico.
Secondo quanto emerge dall’ultimo Rapporto sugli immobili pubblici pubblicato dal MEF (anno 2018), le amministrazioni locali detengono la maggior parte del patrimonio immobiliare censito, circa 806mila fabbricati e 1 milione e 400 mila terreni, cui si aggiungono i litorali.
L’Italia con oltre 8.300 chilometri di coste ha il quattordicesimo litorale più lungo del mondo, il quinto in Europa.
Una risorsa preziosissima dal punto di vista ambientale, turistico ed economico che nel nostro Paese è spesso oggetto di contraddizioni, causa il groviglio di norme che, ad esempio, regolano il tema delle concessioni demaniali marittime, anche alla luce della direttiva Bolkenstein che è una pietra miliare della legislazione europea nel campo del libero mercato e della concorrenza che fatica ad essere recepita ed applicata dal nostro sistema nel giusto bilanciamento dei contrapposti interessi.
Di questi temi si è parlato nel corso del convegno organizzato dall’Unaep (Unione Nazionale Avvocati Pubblici) a Salerno dal titolo “Concessioni demaniali, correzioni di rotta e nuovi approdi”. Un incontro al quale hanno partecipato, fra gli altri Fulvio Bonavitacola, vice presidente del consiglio regionale della Campania, Carmine Volpe (Presidente VI Sezione del Consiglio di Stato), Leonardo Pasanisi (Presidente T.A.R. Campania – Salerno), (Sindaco di Salerno), Vincenzo Loia (Rettore Università degli Studi di Salerno), Maria Masi (Presidente del Consiglio Nazionale Forense), Silverio Sica (Presidente Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Salerno), Andrea Annunziata (Presidente Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale), Andrea Prete (Presidente Camera di Commercio I.A.A. di Salerno).
Per Fulvio Bonavitacola, vice presidente del consiglio regionale della Campania, sulla questione delle concessioni demaniali “siamo una torre di Babele. Nel 2018 il legislatore si è chiuso in una stanza al buio è ha varato una norma di proroga di 15 anni, fregandosene delle norme europee e italiane. Questi quattro anni sono stati di tipico manicomio all’italiana, con la giustizia amministrativa che ha invitato a disapplicare la norma dello Stato perché incostituzionale. Finora sono state prese solo misure tampone ma non si è avuto il coraggio di sciogliere il tema e aprire al mercato. Bisogna avere il coraggio di andare a Bruxelles e spiegare che abbiamo un problema transitorio che si può risolvere mettendo le concessioni a bando ma riconoscendo un diritto di prelazione in favore dei concessionari, che preveda tutele in caso di mancato affidamento“.
Per il presidente Unaep, Antonella Trentini, “l’eccezionalità della situazione economica attuale e l’obiettivo prioritario di contenimento della spesa pubblica ci impongono un’attenta riflessione sulla redditività del patrimonio pubblico, sia con riferimento alle misure di valorizzazione o dismissione degli immobili pubblici, che per quanto riguarda la razionalizzazione delle concessioni demaniali, che ad oggi hanno visto per lo più proroghe di durata“.
Nel corso del dibattito è emerso l’appello condiviso al decisore politico affinchè affronti il tema non più con le proroghe ma trovando un giusto equilibrio fra le indicazioni contenute nella direttiva Bolkestein nel 2006 e le esigenze di tutelare operatori e lavoratori. Quella della Bolkestein, infatti, è una direttiva del 2006 alla quale il decisore politico ha risposto solo a colpi di proroghe, nonostante nel 2021, il Consiglio di Stato abbia sancito che le norme che hanno disposto la proroga automatica delle concessioni sono soggette a disapplicazione, anche da parte delle pubbliche amministrazioni, poiché in contrasto la direttiva Bolkestein, fissando la scadenza delle proroghe al 31 dicembre 2023 al fine di porre un pronto adeguamento al diritto europeo entro un termine proporzionale all’espletamento di nuove gare. In ogni caso, al precedente concessionario spetta un indennizzo per lesione dell’affidamento e per le opere nel frattempo costruite sul bene demaniale.
Sulla materia pochi giorni fa si è espresso l’atto di segnalazione dell’ANAC con cui l’Autorità chiede di assicurare il coordinamento con il codice degli appalti alle ipotesi di contratti (in specie di quelli misti) con il codice degli appalti. “Insomma gatte da pelare a non finire. Soprattutto nel contesto politico in cui ci troviamo, ove il nuovo governo si insedierà tra qualche settimana“, conclude Unaep.