A tener bottega oggi in Italia ci si rimette. Basta guardare le centinaia di furgoni che ci consegnano di tutto dopo averlo negoziato su piattaforme collocate fiscalmente all’estero. L’Europa produce sempre meno, bisognerebbe presentare il conto a chi ha pensato che la globalizzazione fosse una soluzione mentre di fatto ha creato nuovi schiavi e nuovi disoccupati.
Il debito pubblico cresce inesorabilmente in Italia e non per investimenti; il Pnrr, alla fine, per la gran parte è un prestito condizionato che aggraverà ancora il debito pubblico e con un PIL piatto, difficile immaginare il volano economico in grado di ripagare quel debito. Serviva, serve e servirà una politica industriale che manca da più di 50 anni.
L’Italia ha perduto il treno e le celebrazioni del Made in Italy sono entusiasmanti, ma guardano ad un’economia affaticata che cresce pochissimo e non genera volano economico. Inutile parlare di fatturati quando sul territorio non resta nulla, salari da fame costi e tasse fuori controllo, si sopravvive e non si prospera.
L’inflazione alta ed i tassi più alti, molto più alti del passato, vanno a braccetto con le spese della guerra, dirette ed indirette. Le indicazioni di Mario Draghi, chiamato dalla Presidente che probabilmente sostituirà dopo le prossime elezioni, sono imperativamente vincolanti.
Serve una politica economica europea che favorisca la nascita di multinazionali equivalenti a quelle degli USA, serve un mercato interno europeo che produca almeno il 65% delle esigenze degli europei in tutti i settori merceologici e questo può avvenire solo con una politica economica europea pan continentale.
Produrre l’Alfa Romeo Milano (oggi Junior) deve costare lo stesso in Polonia od in Italia e ci deve essere un’unica regia che stabilisce le produzioni in tutta Europa, unico mercato, unico costo, unico prezzo. Serve una formazione eguale e prestigiosa in tutti i paesi europei, una classe dirigente formata da europei e non da tedeschi, francesi, spagnoli.
La soluzione è lì, lo ha detto chiaramente il nostro ex Presidente del Consiglio. Neanche a dirlo che per noi italiani questo quadro rappresenta l’unica chance di sopravvivere prima del default, il debito pubblico sta raggiungendo il punto di non ritorno, ed è sempre più vicino al controvalore della ricchezza delle famiglie italiane.
Chi parla oggi di riduzione del debito è lontano dalla verità, il debito salirà e si potranno usare solo misure tampone per vivacchiare alla giornata. Il vero piano next generation EU da porre subito in atto è il consolidamento dei debiti dei singoli paesi e la rinegoziazione attraverso bond europei, utili e necessari anche per finanziare questa nuova Unione Europea, finalmente una Federazione degli Stati Uniti d’Europa.
Da soli i singoli stati europei sono destinati a sparire, a soccombere sotto una spinta immigratoria formidabile e non sempre facilmente integrabile. I singoli stati non sono in grado di gestire questo fenomeno migratorio necessario ed è inutile far finta di ignorare il problema.
Una federazione con 400 milioni di cittadini, autonoma e non dipendente per le proprie necessità, economiche, diplomatiche e di difesa, avrà diritto di parola, avrà peso e potrà difendere quella pace di cui godiamo da 80 anni.
Non c’è più tempo e bisogna mettere al più presto in atto questo processo di metaforfosi del Parlamento Europeo, altrimenti per l’Italia tanto vale uscire e giocarsela da paese sovrano, magari come stato satellite USA, magari entrando nel Commonwealth e trovarci una nostra collocazione nelle sedie in ultima fila della storia mondiale, perché nella gabbia burocratica europea così concepita, lo ha capito anche Mister Euro, non c’è futuro.