Governo a caccia di coperture per tagliare il cuneo fiscale. Ma il rischio è deprimere i consumi
Dopo le recenti dichiarazioni del premier, Paolo Gentiloni, intenzionato a un taglio del cuneo fiscale, si cercano adesso le coperture finanziarie per darvi seguito.
Tra le ipotesi al vaglio del Governo, e che saranno concretizzate poi nell’elaborazione del DEF nelle prossime settimane, rispunta l’idea dell’aumento dell’Iva, in particolare dell’aliquota intermedia attualmente ferma al 10% e che potrebbe essere ritoccata verso l’alto di 2-3 punti percentuali.
Una misura fortemente e storicamente caldeggiata anche da Bruxelles. Secondo una recente ricerca della Commissione Ue, infatti, un aumento dell’Iva dal 10 al 13% – qualora le risorse recuperate venissero destinate a finanziare un credito d’imposta per il lavoro dipendente – porterebbe aumenti del reddito disponibile fino al 3% per le fasce più deboli della popolazione.
Lo spostamento della tassazione sui consumi, di fatto, è uno dei pallini dell’Europa, che lo vede come un sostegno allo sviluppo, in particolar modo per il nostro Paese che presenta forti squilibri tra la pressione fiscale sulle cose e quella sulle persone. Ma quali sarebbero le conseguenze di un aumento dell’Iva? E per quale motivo i governi precedenti lo hanno sempre scongiurato e hanno tentato di disinnescare le cosiddette “clausole di salvaguardia”? Ricordiamo che la Legge di Stabilità 2015 ha congelato l’applicazione per il 2016, e la successiva Legge di Bilancio 2016 ha preso la medesima decisione per il 2017.
L’aumento dell’Iva ha un effetto diretto sull’aumento dei prezzi e quindi, indirettamente, contribuisce ad inibire la domanda interna. Il Paese sta attraversando una profonda crisi dei consumi: il 2016, secondo i dati Istat sul commercio al dettaglio, segna un risicatissimo +0,1% (in rallentamento rispetto al +0,7% del 2015) e guardando agli anni precedenti c’è una lunga sequenza di valori fortemente negativi.
Inoltre abbiamo un andamento dei prezzi ambiguo. Una inflazione che lievita moderatamente e che viene trainata dall’aumento della domanda è una caratteristica positiva del sistema economico ed è sintomo di una crescita sana. Il nostro Paese, invece, dopo mesi di deflazione, si è ritrovato, tra dicembre, gennaio e febbraio con un aumento improvviso dei prezzi, sostanzialmente determinato da fattori esogeni: i comparti che hanno infatti spinto l’aumento dell’inflazione sono stati i vegetali (che hanno risentito pesantemente delle difficoltà climatiche degli scorsi mesi) e il petrolio, le cui variazioni di prezzo sono determinate per larga parte delle questioni internazionali e geopolitiche.
Un incremento dell’Iva porterebbe ad un rialzo dei prezzi “drogato”, che si aggiungerebbe ai fattori esterni e deprimerebbe i consumi già fortemente compromessi. Il nodo risorse sarà una delle più importanti sfide dell’attuale Esecutivo, considerando che oltre al taglio del cuneo fiscale restano gli impegni di finanza pubblica da rispettare e i contratti dei dipendenti statali. La coperta è sempre troppo corta ed il rischio è che i benefici che si possono trarre da un taglio del cuneo fiscale abbiano effetti profondamente negativi sulla domanda interna.