Con la “stagione della raccolta” alle porte si testerà l’efficacia delle nuove norme
di Fabio Gnoffo
Il 3 novembre scorso, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, è diventata operativa la legge relativa al contrasto al caporalato e al lavoro nero in agricoltura approvata in via definitiva dal Parlamento il 18 ottobre.
Si tratta sicuramente di un passo in avanti molto importante per il mercato del lavoro e per i diritti dei lavoratori che secondo l’ultimo Rapporto Agromafie e Caporalato della Flai Cgil coinvolge tra le 400 e le 430 mila persone e che genera un economia sommersa stimata tra i 2 e i 5 miliardi di euro.
La norma va a modificare significativamente il quadro normativo penale, sostituendo l’articolo 603 bis con un nuovo articolo che riscrive la condotta illecita del caporale.
Per chi recluta manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno, e per il datore di lavoro che utilizza, assume o impiega manodopera reclutata anche con l’utilizzo di caporalato, sfruttando i lavoratori e approfittando del loro stato di bisogno, è prevista la pena della reclusione da uno a sei anni e la multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore assunto.
Con l’articolo 603-bis.2 del codice penale è stato introdotto il delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro tra i reati per i quali è sempre disposta la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato.
E’ previsto inoltre che i proventi delle confische vengano assegnati al fondo anti-tratta, la cui operatività è estesa anche all’indennizzo delle vittime del reato di caporalato.
Infine viene rafforzata l’efficacia delle “Rete del lavoro agricolo di qualità”, finalizzata a raffor
Tutte le novità sopra citate affronteranno il banco di prova della “stagione della raccolta” ormai alle porte che ne misurerà la reale efficacia.
Alcuni gravi episodi come l’incendio avvenuto nella notte tra il 2 e il 3 marzo nel ghetto, sorto tra San Severo e Rignano Garganico, una baraccopoli in cui vivevano i braccianti immigrati che lavorano nelle campagne pugliesi, e nel quale sono morte due persone, Mamadou Konate e Nouhou Doumbia, di 33 e 36 anni, ci dimostrano come la piaga del caporalato sia ancora molto diffusa.
Tra gli elementi di fondo che stanno suscitando alcuni malumori – previsti per oggi, 3 aprile, in piazza a Bari oltre 3 mila aziende agricole pugliesi – è l’introduzione della corresponsabilità tra caporali e aziende, una notizia positiva, se non fosse per il fatto che alcuni imprenditori sottolineano che la misura repressiva rischia di coinvolgere gestori che sono all’oscuro del fenomeno.
Infine un importante nodo è quello relativo alla “Rete del lavoro agricolo di qualità”, con riferimento alle sue modalità di adesione e alla sua efficacia come strumento di controllo del fornitore nella lotta all’illegalità.
C’è ancora molto da fare, ma sicuramente le misure introdotte dalla legge contro il caporalato aiuteranno lo Stato nella difesa dei lavoratori italiani e stranieri sfruttati da imprenditori e caporali privi di scrupoli che lucrano sulla povertà e sul bisogno di lavoro.