Nel Def solo un richiamo, ma manca ancora l’accordo nella maggioranza. Attesa per la votazione della risoluzione
Il tema chiave delle privatizzazioni resta di grande attualità nel dibattito politico e all’interno della maggioranza di governo.
Nell’ultimo Documento di economia e finanza, all’interno del crono programma che rimanda alle azioni strategiche di governo per il Programma nazionale delle riforme, pur in assenza di un riferimento esplicito vengono chiaramente definiti come in stato di avanzamento gli interventi volti a diminuire il debito pubblico attraverso operazioni di dismissione, con le quali lo Stato spera di incassare l’equivalente dello 0,3% del Pil, ovvero circa 5 miliardi all’anno.
Una stima rivista molto al ribasso, se confrontata con quella contenuta nel Def 2016, in cui erano stato previsti,dalla cessione di quote delle partecipate pubbliche, ricavi intorno agli 8 miliardi, pari allo 0,5% del Pil.
Sembrerebbe quindi confermata la volontà di vendere la seconda tranche di Poste Italiane Spa – la prima si è conclusa nell’ottobre del 2015 – e la parte più redditizia di Ferrovie dello Stato, ovvero l’Alta velocità delle Frecce, sebbene manchino ancora i dettagli sulle modalità con cui proseguire sulla difficile strada delle dismissioni dopo la brusca frenata del 2016, quando Matteo Renzi fece saltare la quotazione in borsa di FS e di Poste, ufficialmente a causa dell’alta incertezza dei mercati finanziari.
Dopo la quotazione di Enav e la cessione di Grandi Stazioni retail, concluse a luglio dello scorso anno, non tutti all’interno della maggioranza sembrano però d’accordo su questa strategia: solo pochi giorni fa il viceministro delle Infrastrutture, Riccardo Nencini, ha dichiarato di non considerare prioritaria la privatizzazione della rete ferroviaria, a differenza del suo collega di governo Pier Carlo Padoan, strenuo difensore delle privatizzazioni.
D’altra parte anche sulla dismissione di un’ulteriore quota azionaria di Poste, pari al circa il 30%, non sembra essere stato ancora raggiunto un accordo: solo pochi mesi fa, mentre il ministro per lo Sviluppo Economico, Carlo Calenda, si dichiarava assolutamente favorevole alla privatizzazione dell’azienda, il sottosegretario del suo stesso Ministero, Antonello Giacomelli, frenava nettamente, definendola un errore strategico.
Mentre lo stesso presidente del Pd Matteo Orfini, intervenendo il mese scorso alla celebrazione per i 60 anni dell’Arci, ha sostenuto cheper rilanciare l’economia del Paese serve una strategia di investimenti pubblici, che non può passare solo attraverso una politica di privatizzazioni.
A questo punto, per avere indicazioni più certe, bisognerà attendere che venga approvata la risoluzione di maggioranza al Def, in votazione oggi o domani 27 aprile.