Il mosaico politico di nuovo in movimento dopo il fallimento della legge elettorale e l’asse M5S-Lega
Il fallimento improvviso della trattativa proporzionale sulla legge elettorale e l’asse M5S-Lega Nord sullo ius soli (con il corollario delle forti polemiche a seguito della notizia di Repubblica sull’incontro riservato tra Casaleggio e Salvini), hanno avuto il merito di rimettere in moto tutto lo scenario politico in vista dei risultati del post ballottaggio amministrativo, in programma domenica prossima, 25 giugno.
Tra i tasselli di questo mosaico al primo posto l’ufficializzazione del ritorno al centro di Romano Prodi. Il professore ulivista si è dichiarato novello “collante” del possibile riavvicinamento del Pd di Renzi con il variegato mondo che sta alla sua sinistra ma che, nel contempo, ha come riferimento il Campo Progressista/Ulivista di Giuliano Pisapia. Con Prodi, vecchi abili tessitori al lavoro come Bruno Tabacci e Arturo Parisi. Da quanto si può capire, siamo ancora molto lontani da intese elettorali. Però il tavolo è apparecchiato. Prodi, da garante, dovrà farsi carico di eliminare le asperità da una parte e dall’altra degli schieramenti, con un programma condiviso. Difficile prevedere l’esito. Per ora, tuttavia, Renzi intende andare a “vedere” le carte dei giocatori. Molto (ovvero se in posizioni di forza o meno) dipenderà anche dall’esito dei ballottaggi.
Significativo che, sempre in questo scenario movimentista, siano già in molti a pensare ad un nuovo candidato premier qualora l’intesa nel centro-sinistra dovesse consolidarsi. In fondo, la proposta di Pisapia su primarie di coalizione aveva lo scopo, intanto, di porre la problematica. Non a caso poco prima della discesa in campo ufficiale di Prodi con il faccia a faccia con Renzi. Che quest’ultimo accetti di farsi da parte sarebbe davvero un colpo di scena al momento impensabile. E tuttavia cresce il comune favore per una figura di federatore, come potrebbe essere quella di Paolo Gentiloni. La sua tranquillità e la sua indole pragmatica, simili a quelle del professore bolognese, giocano a favore. Se passasse indenne dalla manovra economica di autunno, con effetti positivi sui mercati anche in prospettiva, la sua strada potrebbe essere meno ardua di quanto possa sembrare.
L’ottica di coalizione in ogni caso sta riacquistando vigore un po’ ovunque. Il venticello del maggioritario torna a soffiare. Non sarà facile riannodare le fila del confronto sulla legge elettorale però anche da questo dipende l’esito finale della partita. Per il centro-sinistra ma anche per il centro-destra. In quest’altra parte del mosaico, sono da segnalare l’azione dei Cinque Stelle innanzitutto. Con lo spostamento a destra del proprio asse (così come in altri caso il partito si sposta a sinistra), in base all’assunto ormai evidente che M5S non ha un proprio baricentro ideologico ma si alimenta, di volta in volta, del favore di questo o di quell’elettorato (in questo caso giocano i ballottaggi e le polemiche sorte all’indomani del primo esito delle urne). Il che rappresenta un evidente limite governativo. E poi il tentativo della Lega di cavalcare il voto positivo dell’11 giugno. Infondo, anche qui, nel centro-destra, non è ancora chiaro chi sarà il nuovo candidato premier. Ma il fatto che Berlusconi non avrà il verdetto europeo sulla propria ricandidabilità prima della primavera 2018 (a meno di non correre sub judice), pone ormai una evidente questione di sostanza. Certo, non potrà mai trattarsi di Salvini. E da queste parti manca un altro Gentiloni. Finora il Cavaliere ha bruciato tutti i possibili candidati (ultimo in ordine di tempo Stefano Parisi). Chissà che adesso non si decida a deporre le armi, facendosi una ragione della situazione. In fondo, anche lui è stato e resterebbe lo stesso un innegabile inaffondabile “collante”.