La scorsa settimana è stata senza alcun dubbio caratterizzata dalla vicenda dell’inchiesta giudiziaria che ha coinvolto la struttura tecnica di missione del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti che si occupa degli appalti per le opere (piccole e grandi) pubbliche e che ha travolto politicamente (pur senza essere raggiunto da un formale avviso di garanzia) il Ministro Maurizio Lupi (NCD).
Dopo una moral suasion indiretta esercitata del Presidente del Consiglio Matteo Renzi e forme di pressione più o meno forti provenienti sia dal partito dell’interessato (il Nuovo Centrodestra di Alfano) che da vari esponenti degli altri partiti della maggioranza di Governo (su tutti, la minoranza del PD), Lupi ha rassegnato le sue formali dimissioni da Ministro.
Dimissioni accolte con un certo sollievo dal premier (che ha definito tale scelta “saggia per sé, per NCD e per il Governo”) dato che, pur mancando per il momento profili giudiziari, la posizione di Lupi era diventata scomoda per l’intero esecutivo. Lo scandalo che ha investito l’ormai ex Ministro rischiava di compromettere la credibilità e la tenuta stessa del Governo guidato dal segretario del PD.
Lunedì 23 marzo 2015, al termine del colloquio con il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il premier Renzi ha comunicato di aver assunto la carica ad interim di Ministro delle Infrastrutture (sia l’accettazione delle dimissioni di Lupi che il conferimento dell’incarico a Renzi sono contenuti in un decreto del Presidente della Repubblica datato 20 marzo 2015. Il DPR è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 23 marzo 2015).
La decisione di Renzi di assumere in prima persona la responsabilità di guidare il MIT è dettata dall’esigenza di capire meglio il funzionamento di quel fondamentale e centrale Dicastero. Al centro della mossa del premier ci sono almeno due obiettivi: poter studiare la migliore strategia per effettuare una profonda modifica dell’assetto esistente al Ministero e prendere il tempo necessario per scegliere l’esponente politico (dalle parole di Renzi, infatti, non sarà un tecnico a prendere il posto di Maurizio Lupi) più adatto a ricoprire quel delicato ruolo. Certo è che, in una situazione di passaggio come quella che è venuta in essere, Renzi avrebbe potuto (potrebbe ancora farlo) anche pensare di azzerare completamente l’attuale guida politica del Ministero, “dimissionando” anche il Viceministro Riccardo Nencini (PSI) e il Sottosegretario Umberto Del Basso De Caro (PD). Una sorta di tabula rasa dalla quale ripartire con uno spirito e un’impronta nuovi. L’occasione del cambio di guida al MIT sarà certamente sfruttato anche per fare un mini-rimpasto di Governo.
Con l’EXPO ormai alle porte e la campagna elettorale per le regionali già avviata, Renzi non poteva permettersi di perdere tempo (e consensi). Insediandosi a Porta Pia, il premier potrà così valutare bene sotto quali forme rinnovare il patto di Governo con il partito di Alfano, nel quale inizia a serpeggiare un certo malcontento. Renzi avrà soprattutto modo di penetrare in uno dei pochi Ministeri nei quali, all’inizio della sua avventura a Palazzo Chigi nel febbraio 2014, non aveva inserito nessuna persona di sua fiducia ai posti di comando. Da queste valutazioni politiche e dai risultati delle regionali deriveranno molto probabilmente sia la scelta del nome del successore di Lupi (non è affatto detto che l’interim duri solo un paio di settimane), sia il futuro stesso della compagine governativa e quindi della legislatura, perché l’opzione voto anticipato è sempre a disposizione del Presidente del Consiglio.