L’associazione degli industriali fornisce una valutazione “negativa” del Ddl che “stravolge l’impianto dell’attuale normativa”. Audizione al Senato
La proposta di legge in tema di class action preoccupa molto il sistema delle imprese: a sostenerlo, durante un’audizione, ieri, davanti alle commissioni riunite del Senato Giustizia e Industria sono i rappresentanti di Confindustria, che forniscono una valutazione complessiva del Ddl “negativa”.
Secondo gli industriali la legge “stravolge l’impianto dell’attuale class action, trasformando la tutela collettiva in uno strumento punitivo nei confronti delle imprese stesse”. Gli industriali raggruppano le criticità del testo “in tre macroambiti: l’ampliamento dell’ambito di applicazione soggettivo e oggettivo; le modifiche alla struttura del giudizio e alle modalità di adesione; e l’introduzione di una serie di incentivi alla proliferazione dei contenziosi di classe”.
Durante l’audizione, i rappresentanti di Confindustria hanno presentato una relazione all’interno della quale hanno sottolineato i punti più critici della proposta. In primis, preoccupa “l’ampliamento dell’ambito di applicazione, soggettivo e oggettivo, dell’azione di classe”. Secondo quanto esposto da Confindustria, la class action rischierebbe di passare dall’essere uno strumento “di tutela consumeristica, attivabile per il ristoro di specifici diritti lesi” a essere un “rimedio generale di tutela azionabile da chiunque possa aver subito un danno ingiusto”, principio che varrebbe anche per imprese e pubblica amministrazione.
Altro elemento critico, secondo l’unione degli industriali, riguarda la previsione di una fase per l’adesione dei singoli danneggiati all’azione successiva alla sentenza di accoglimento. Le conseguenze sarebbero, da un lato “l’incertezza sulle dimensioni della classe e quindi sull’impatto che il giudizio potrebbe avere sull’impresa”, e dall’altro il rischio di indurre “comportamenti opportunistici”.
Confindustria mette in guardia il Senato anche sul rischio dell’introduzione di “una serie di incentivi alla proliferazione dei contenziosi di classe”, portando un esempio concreto: “L’obbligo dell’impresa condannata di pagare un compenso di natura premiale all’avvocato dell’attore e al soggetto rappresentante della classe”. Secondo gli industriali, “si tratta di un obbligo severo, dal carattere palesemente punitivo per l’impresa che, peraltro, rischia di trasformare l’azione di classe in uno strumento di affari piuttosto che di tutela”.
C’è poi un altro elemento sottolineato da Confindustria: “La previsione di deroghe ingiustificate all’ordinaria disciplina processual-civilistica”, come ad esempio nei casi di competenza territoriale, legittimazione ad agire e regime probatorio.
La relazione di Confindustria si è conclusa con l’invito nei confronti del Senato ad attuare una profonda riflessione, con lo scopo di “ovviare alle numerose criticità evidenziate nel corso dell’audizione”.