Dopo i pareri delle commissioni parlamentari, si attende solo la pubblicazione: introduce la misurazione del “benessere” nella programmazione economica
di Stefano Bruni
Strano, ma vero, per una volta l’Italia è sul gradino più alto del podio in una classifica europea. Il Bel Paese è il primo in Europa a monitorare le proprie politiche economiche utilizzando anche indicatori qualitativi e di benessere integrativi del Pil.
Dopo una serie di tentativi avviati già negli anni scorsi, il Governo, per il tramite del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha trasmesso, prima della pausa estiva, alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, per il previsto parere, il primo decreto ministeriale che, ai sensi della legge 163 del 2016, individua alcuni degli indicatori contenuti nel Rapporto sul Benessere Equo e sostenibile che saranno utilizzati per monitorare, anche dal punto di vista dell’equità e della sostenibilità economica, sociale ed ambientale, i risultati e le politiche attuate dal Governo.
La data da ricordare è quella del 13 settembre, giorno in cui si è concluso, grazie al parere espresso dalla Commissione Bilancio del Senato, anche se tardivamente rispetto ai termini previsti dalla legge 163 e con una serie di osservazioni, l’iter previsto per l’emanazione del suddetto decreto del Mef. L’omologa Commissione della Camera dei Deputati aveva invece già provveduto, lo scorso 2 agosto, a rilasciare il proprio parere, anch’esso con osservazioni.
Ma quali sono le osservazioni giunte dalle Commissioni parlamentari?
Dal Senato, dopo l’illustrazione della relatrice, sen. Magda Angela Zanoni, la Commissione ha rilevato che “sarebbe stato anzitutto auspicabile che il Comitato istituito per l’elaborazione degli indicatori – fosse composto tenendo conto della rappresentanza di genere” ed è stato segnalato di tener conto “in sede di applicazione degli indicatori di benessere equo e sostenibile (BES), dell’avvio della sperimentazione per l’adozione di un bilancio di genere e, in senso più ampio, come raccomandato a livello europeo per tutte le rilevazioni statistiche, che si tenga conto della dimensione di genere per tutti gli indicatori in cui questa risulta significativa…anche in relazione al fenomeno dell’impatto generazionale”.
Inoltre, la Commissione del Senato ha evidenziato la necessità di valutare:
– la possibilità di prevedere, ove possibile, un’articolazione per aree territoriali degli indicatori BES, con particolare riguardo al Mezzogiorno;
– la possibilità di inserire nell’ambito degli indicatori BES selezionati ai sensi dello schema di decreto in esame anche un indicatore concernente il paesaggio ed il patrimonio culturale;
– la possibilità di approfondire, per le prossime revisioni, l’opportunità di individuare anche uno o più indicatori di sintesi relativi ai temi del decreto;
– la possibilità di inglobare l’indicatore n. 8 nelle elaborazioni relative all’indicatore n. 7, soprattutto se sarà accolta l’osservazione che precede circa la dimensione di genere e generazionale per tutti gli indicatori in cui sia significativa;
– infine la possibilità di approfondire, per le prossime revisioni, l’individuazione di un indicatore relativo al fenomeno della corruzione.
Ma anche la Commissione Bilancio della Camera, presieduta dall’on. Francesco Boccia, che aveva già provveduto, lo scorso 2 agosto, ad esprimere il proprio parere favorevole, aveva comunque proposto una serie di osservazioni.
La commissione aveva evidenziato infatti sia la necessità di valutare “la possibilità di trasformare, in sede di revisione periodica degli indicatori, l’indice di abusivismo edilizio in un indice di più ampia portata, ossia l’indice di consumo del suolo”, sia la possibilità di tener conto, “in sede di applicazione degli indicatori di benessere equo e sostenibile, dell’avvio della sperimentazione per l’adozione di un bilancio di genere, di cui all’articolo 38-septies della legge 31 dicembre 2009, n. 196, al fine di una coerente valutazione del diverso impatto della politica di bilancio sugli uomini e sulle donne”.
Infine, la medesima Commissione aveva segnalato di “valutare la possibilità di inserire nell’ambito degli indicatori di benessere equo e sostenibile selezionati anche un indicatore concernente il paesaggio e il patrimonio culturale”.
I dodici indicatori proposti nel decreto (reddito medio disponibile aggiustato pro capite; indice di disuguaglianza del reddito disponibile; indice di povertà assoluta; speranza di vita in buona salute alla nascita; eccesso di peso; uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione; tasso di mancata partecipazione al lavoro; rapporto tra tasso di occupazione delle donne di 25-49 anni con figli in età prescolare e delle donne senza figli; indice di criminalità predatoria; indice di efficienza della giustizia civile; emissioni di CO2 e altri gas alteranti; indice di abusivismo edilizio) andranno dunque probabilmente rivisti ed integrati, ma intanto il medesimo decreto, di cui si attende solo ormai la pubblicazione, dovrà essere pienamente recepito a partire dal Def 2018, come previsto dalla legge 163.
Per quest’anno, invece, ci si dovrà “accontentare” di un primo esercizio sperimentale su un sottoinsieme di 4 indicatori (reddito medio disponibile aggiustato pro capite; indice di disuguaglianza del reddito disponibile; tasso di mancata partecipazione al lavoro ed emissioni di CO2 e altri gas alteranti) che è comunque un passo importante verso una politica economica un po’ più qualitativa e un po’ meno quantitativa.
E chissà se questa “rivoluzione qualitativa” permetterà di superare la “dittatura” del Pil.