La pausa estiva e le ultime iniziative non hanno risolto i nodi legati a Mdp, Pisapia e Renzi. E il sentiero si fa sempre più stretto…
Né le ferie agostane né la graduale ripresa delle attività politico-parlamentari sembrano aver facilitato, per il momento, la risoluzione delle difficoltà che da diverso tempo affliggono il centrosinistra. Al contrario, l’avvicinarsi del test elettorale siciliano e l’imminenza del confronto sugli ultimi nodi da sciogliere prima della fine della Legislatura (su tutti, riforma elettorale e legge di bilancio) stanno restringendo il raggio d’azione dei partiti a sinistra del Partito Democratico.
Al di là delle polemiche e dei chiarimenti cui si è più volte assistito in queste settimane, per Campo Progressista e Articolo 1 – Mdp (ma lo stesso vale per Sinistra Italiana, Possibile e le altre personalità dello schieramento) le domande alle quali rispondere rimangono, difatti, sempre le stesse: che rapporto intrattenere con il Pd, destinato in campagna elettorale a coincidere pressoché totalmente con la figura del segretario Matteo Renzi? Con quale formula e con quale leadership affrontare le Politiche del 2018, a prescindere dalla legge con cui si andrà al voto?
Non sembra aver chiarito la questione l’annuncio, dato qualche giorno fa da Giuliano Pisapia e Pierluigi Bersani dopo un vertice tra Cp e Mdp, della nascita in autunno di un soggetto “alternativo ai dem, per costruire un campo largo di centrosinistra“, dal momento che anche in questo caso non hanno tardato a emergere diversità di vedute, culminate nelle scorse ore con la presa di posizione di vari esponenti vicini all’ex primo cittadino di Milano (con il testa il sindaco di Cagliari Massimo Zedda) in favore della necessità di stringere alleanze con il Partito Democratico.
Allo stesso modo, continuano a non aiutare a superare l’impasse gli strascichi (sia politici che personali) lasciati dalla scissione bersanian-dalemiana dal Pd e l’ambiguità che non smette di accompagnare le azioni di Pisapia, il quale si muove da leader dell’area (“minacciando” di non essere più disposto ad accettare critiche simili a quelle successive al suo abbraccio con Maria Elena Boschi) malgrado continui a dirsi non disponibile a candidarsi alle elezioni.
A tal proposito, va notato che nella mattinata di sabato il ministro della Giustizia Andrea Orlando, durante il debutto romano della sua associazione “Dems”, ha spronato il fondatore di Campo Progressista “ad avere più coraggio per dividere chi, nel Pd e nella sinistra radicale, non vuole il centrosinistra da chi lo vuole“. Da parte sua, Giuliano Pisapia (che da programma avrebbe dovuto partecipare alla kermesse capitolina, finendo invece per inviare un messaggio ai partecipanti) ha rimproverato al Guardasigilli di essere rimasto indietro e di non aver fatto le scelte giuste nell’arco dell’ultimo anno e mezzo. Alla presentazione di “Dems”, inoltre, non è passato inosservato l’intervento del titolare del Mise Carlo Calenda, poco solito nel frequentare rassegne di partito, dal quale è arrivato un invito a rivendicare senza divisioni i risultati ottenuti dagli Esecutivi di cui ha fatto parte.
Come si notava poc’anzi, gli spazi per le strategie della sinistra si stanno facendo sempre più limitati, e appare chiaro che tanto una lista unitaria animata dalla contrapposizione al renzismo quanto un mero patto di convenienza elettorale con i democratici sarebbero prospettive di corto respiro, ostacolate in un caso dalla concorrenza del Movimento 5 Stelle e nell’altro dalle dinamiche che spingerebbero gli elettori a indirizzare le preferenze sul leader dell’ipotetica coalizione, che non potrebbe non essere Renzi. Un vero e proprio rebus, dunque, per una componente essenziale dello schieramento in grado di produrre le esperienze di governo dell’Ulivo, e che ora non sembra in grado di offrire un’idea di Paese senza preoccuparsi di chi dovrebbe rappresentarla. Senza contare, poi, che se il Pd e le altre formazioni del centrosinistra si presenteranno separati alle urne molto probabilmente non saranno in grado di contendere la vittoria al centrodestra e all’M5S.