Ok definitivo dell’Aula di Palazzo Madama al provvedimento destinato a risollevare le sorti dei borghi italiani
Con 205 sì e 2 astenuti l’Aula del Senato ha approvato in via definitiva, poco fa, il Ddl Piccoli Comuni. Non è stato un sentiero stretto quello percorso dall’Atto Senato 2541 (già Atto Camera 65), vista l’ampia convergenza di forze politiche che lo ha supportato nei due rami del Parlamento; ma certamente di strada ne ha dovuta percorrere davvero molta.
Il testo originale lo “depositò” il democratico Ermete Realacci, presidente della Commissione Ambiente della Camera, nel lontano 15 marzo 2013, aggregato poi alla successiva proposta della deputata pentastellata Terzoni. Ha attraversato tutte le vicende politiche della legislatura, ma i lavori alla Camera, che hanno viste impegnate congiuntamente le commissioni V Bilancio e VIII Ambiente, non si sono mai fermati. Record invece il passaggio dall’aula di Montecitorio, che a fine settembre 2016 in appena due giorni approvò il testo a larga maggioranza. E la storia, almeno nell’Aula di Palazzo Madama, potrebbe ripetersi. Dopo aver superato indenne centinaia di emendamenti in Commissione, la capigruppo ha deciso di mettere il testo all’ordine del giorno, con la prospettiva (e la speranza) di riuscire ad approvarlo prima del fatidico appuntamento con la legge di bilancio.
Il Ddl, composto da 17 articoli, è ricco da tutti i punti di vista: spazia a vari temi, quali il recupero e la riqualificazione dei centri storici e la promozione degli alberghi diffusi, i servizi postali e di pagamento, la filiera corta, i trasporti e gli itinerari turistici. E stanzia 100 milioni di euro da spendere fra il 2017 e il 2023 per finanziare gli investimenti pubblici nei piccoli comuni (rispondendo anche ad un tema, quello degli investimenti insufficienti a spingere ulteriormente la crescita, al centro anche del dibattito politico).
I Comuni con meno di 5000 abitanti rappresentano il 70% dei comuni italiani, ben 5.585 paesini sparsi da sud a nord lungo la penisola, la maggior parte in territorio alpino o appenninico, nei quali risiedono 10 milioni di cittadini, poco più del 16% della popolazione. Eredità dell’economia rurale ed intrisi di secoli di cultura, spesso protagonisti della storia del Paese, negli ultimi decenni molti hanno dovuto affrontare il rischio spopolamento, causato anche dalla graduale scomparsa dei servizi in queste zone.
Il provvedimento arriva proprio a rispondere a queste problematiche, per non disperdere una ricchezza diffusa sul territorio italiano che altrimenti alimenterebbe unicamente il crescente numero dei “borghi fantasma”. In particolare, si cercherà di mantenere funzionanti i servizi postali, che in questi hanno subito un drastico ridimensionamento dopo la riorganizzazione di Poste Italiane (al centro, non a caso, di centinaia di interrogazioni parlamentari da parte di tutte le forze politiche, segnale di un’esigenza vera dei territori). Si cerca inoltre di preservare i presìdi scolastici, e si punterà a contrastare l’abbandono degli edifici, anche con detrazioni d’imposta sui canoni di locazione.
Il via libera al Ddl rappresenta un buon esempio di lavoro parlamentare, nonostante i montanti venti della campagna elettorale. Il Piccoli Comuni, infatti, è stato uno dei rari testi condivisi da PD e Movimento 5 Stelle, tanto che gli esponenti delle due forze politiche non hanno esitato a definirlo “bipartisan”.