Novità di Bilancio, spinta tecnologica, Navigli… L’assessore Lorenzo Lipparini fa il punto a LabParlamento e parla del futuro dei Radicali
Una città, Milano, che anche grazie all’Expo, “sta correndo”. Tra gli esempi concreti – che introducono inevitabilmente un paragone con le difficoltà della capitale – un innovativo Bilancio partecipativo anche per l’edizione 2017-2018 che si può avvalere anche del ricorso alla tecnologia; un progetto, quello della navigabilità dei Navigli, da tempo sul tavolo e che potrebbe essere oggetto di referendum; soprattutto una visione di lungo periodo. Lorenzo Lipparini, assessore alla Partecipazione e Open Data nella giunta di Giuseppe Sala, fa il punto con LabParlamento sulle strategie meneghine e accenna alle difficoltà dei Radicali dopo la scomparsa di Marco Pannella. “Se si lavora tutti insieme – dice – si ottengono risultati, altrimenti si perdono solo risorse e potenzialità”.
Milano è stata tra le prime città a sviluppare, nel 2015, un Bilancio partecipativo: come sta implementando l’edizione 2017-2018 il suo assessorato?
“E’ vero, nel 2015 Milano è stata una città pioniera per quanto riguarda il bilancio partecipativo, e ancora oggi le città che hanno sperimentato questo tipo di pratica si contano sulle dita di una mano, almeno per quanto riguarda i capoluoghi di provincia. All’epoca era stata una società esterna a vincere un bando per gestire tutta la procedura. Noi siamo partiti, a distanza di un paio d’anni, sulle fondamenta di quanto era stato fatto considerando quelli che erano stati i punti di forza e di debolezza della vecchia esperienza. Abbiamo identificato un nuovo partner, l’università degli studi di Milano con la cordata del progetto europeo “Empatia”, che riunisce una serie di centri di ricerca coordinati dall’università di Coimbra. Con loro abbiamo sviluppato una nuova piattaforma che si può vedere on line all’indirizzo bilanciopartecipativomilano.it. Abbiamo anche creato un ufficio partecipazione interno con un tavolo di regia interassessorile”.
“Siamo ancora in fase di monitoraggio delle opere del 2015, ma a breve partirà il nuovo ciclo del bilancio 2017-2018, le cui fasi saranno: candidatura delle idee, selezione di quelle migliori, verifica di fattibilità e poi votazione sui progetti da finanziare. Abbiamo 500 mila euro per ognuno dei 9 municipi, dunque 4 milioni e mezzo complessivi per finanziare opere da un minimo di 100mila ad un massimo di 500 mila euro. Complessivamente, quindi, dai 9 ai 45 progetti in tutta la città in conto capitale, dunque opere pubbliche. I progetti saranno selezionati intorno ad aprile 2018. Rispetto alla precedente edizione abbiamo meno risorse, ma una squadra più forte a presidio dell’intero processo”.
In che modo lo sviluppo delle nuove tecnologie può favorire la partecipazione dei cittadini ai processi di amministrazione della città? Come vi state muovendo?
“Le nuove tecnologie sono fondamentali per sviluppare processi partecipativi nella popolazione con costi contenuti e la possibilità di raggiungere un vasto pubblico. Tuttavia in una realtà come quella del comune di Milano con una forte fetta di popolazione che non è nativa digitale, le nuove tecnologie sono comunque strumenti complementari rispetto a quelli più tradizionali previsti comunque nel nuovo bilancio partecipativo: quindi incontri, eventi, affissioni, campagne media ecc”.
“Con i tempi lenti della Pubblica Amministrazione, stiamo comunque investendo nella realizzazione di un sistema integrato che, attraverso le stesse credenziali utilizzate dagli utenti per accedere ai servizi on line del comune di Milano, possano essere anche attivati gli strumenti per la partecipazione già previsti dallo statuto del Comune di Milano. Il nostro obiettivo insomma, è quello di permettere ai cittadini di consultare il portale del Comune non solo per avere servizi, ma anche per esprimere la propria opinione rispetto alle priorità di governo della città”.
L’apertura dei navigli è un suo obiettivo da prima di essere nominato assessore. Sembra che il sindaco Sala adesso stia decidendo se indire il referendum. Quali sono i rischi e i vantaggi del progetto?
“Abbiamo proposto un referendum nel 2011 come comitato di ambientalisti e associazioni guidato dai Radicali, l’obiettivo era quello di chiedere lo sviluppo di uno studio di fattibilità per il recupero dei Navigli della cerchia interna di Milano, dalla riattivazione idraulica alla navigabilità. Questo studio alla fine è stato realizzato e sul progetto ci siamo spesi molto anche in termini di comunicazione durante la campagna elettorale per le ultime comunali. Il sindaco stesso ci ha sempre creduto (ci ha anche scritto sopra un libro) e quindi ha chiesto a tutta la struttura comunale di iniziare a lavorare, procedendo per fasi, con la riattivazione idraulica e l’apertura per lotti dei navigli. Rimane un forte tema di coinvolgimento e partecipazione della cittadinanza”.
“Lo strumento del referendum è uno degli strumenti a nostra disposizione e serve per sviluppare una forma consultiva e di coinvolgimento. Oggi, inoltre, rispetto a 6 anni fa, saremmo in grado di entrare molto più nello specifico delle implicazioni tecnologiche e dei costi di queste opere e quindi di sottoporre ai cittadini nuovi dettagli su cui consultarsi. Io credo che a questo debbano affiancarsi momenti di incontro pubblici, che consentano non solo di discutere sulla volontà o meno di procedere ma anche sulle modalità di realizzazione. Ed è quello che stiamo cercando di ipotizzare con un percorso di partecipazione ampio. Gli strumenti saranno sia incontri formali, così come sono stati codificati nel nuovo codice degli appalti, sia udienze pubbliche, al fine di consultare i portatori di interesse presenti in città a partire dalle associazioni, dai comitati di cittadinanza ecc”.
Quali potrebbero essere i costi dell’operazione?
“Dipende dalle opzioni progettuali che si andranno a scegliere, diciamo circa 50 milioni per la riattivazione idraulica, 150 per la riapertura per lotti, l’intera riattivazione alla navigabilità, insomma sulla riapertura complessiva siamo intorno ai 400-500 milioni.
Se Milano negli ultimi anni, merito forse anche dell’Expo, ha avuto un progressivo miglioramento, sviluppando iniziative innovative, attirando turisti e migliorando la vivibilità, Roma non ha avuto lo stesso destino. Soprattutto i servizi sono inefficienti. Questa estate i suoi colleghi di partito Bonino, Maggi e Cappato hanno raccolto 33 mila firme per indire un referendum sulla privatizzazione di Atac. Come vede, da Milano, la situazione dell’amministrazione romana?
“C’è sicuramente un merito di buona amministrazione generale che fa correre Milano rispetto alle altre città. Avendo visto dall’interno i processi e i tempi della Pubblica Amministrazione, devo dire che tutti i grossi progetti di cui in parte sta beneficiando la città, sono progetti che hanno avuto una lunga gestazione. Avere ereditato una città in buone condizioni e con progetti avviati o in fase conclusiva vuol dire tanto. I risultati dei progetti sui quali stiamo lavorando oggi, come ad esempio gli scali ferroviari, probabilmente li vedremo tra vent’anni”.
“L’altra questione è relativa anche al tessuto sociale presente in città. Roma ha una forte economia basata sul pubblico, sulla presenza di istituzioni, ministeri ecc. A Milano abbiamo invece una struttura imprenditoriale che è un’eccellenza in Europa e in Italia e che non fa solo impresa ma anche tanto privato sociale, tanta Responsabilità Sociale di Impresa. Abbiamo nove Università e Centri di Ricerca, un tessuto associativo (tra cittadinanza attiva e volontariato) che garantisce un’intensa partecipazione dei cittadini alla gestione della cosa pubblica. Queste sono risorse impagabili per la pubblica amministrazione, specie negli ultimi anni in cui ha subito un forte dimagrimento in termini di risorse umane ed economiche”.
“Quello che cerchiamo di fare è assecondare queste energie presenti nella società, metterle a sistema e implementare una visione di lungo periodo. C’è anche un forte scambio con la Regione, nonostante la diversa maggioranza che governa le due istituzioni. Le grandi sfide si affrontano e si vincono sempre quando si lavora tutti insieme: è quello che stiamo cercando di fare con Ema, l’agenzia del Farmaco Europea, dove sono impegnati Governo, Regione e Comune. Dalla volontà di collaborare per un obiettivo comune nascono i bei progetti di cui oggi beneficiamo”.
Dopo la scomparsa di Marco Pannella, il partito radicale sta attraversando una crisi tra le varie correnti interne. Qual’ è il futuro del Partito e dei Radicali italiani?
“Con la scomparsa di Pannella è venuto meno un forte punto di riferimento ideale e politico. Pannella era un visionario, precursore e anticipatore di tanti argomenti. I Radicali sono sempre stati un’organizzazione basata molto sull’individuo, un’organizzazione libertaria e che aveva prodotto una grande quantità di strutture associative, oggi tutte queste strutture possono usare e vantare a ragione una quota di titolarità del “Brand” Radicale. Il grosso tema non è solo fare politica sui vari fronti (e sono tanti quelli sui quali i Radicali sono impegnati) ma mandare avanti un’agenda comune che sia condivisa tra tutti questi soggetti che gravitano intorno alla galassia Radicale”.
“Credo che in una maniera o in un’altra bisognerà riuscirci perché, anche in questo ambito, se si lavora tutti insieme si ottengono risultati altrimenti, andare in modo disunito, può portare solo perdite di risorse e potenzialità. Credo che ci sia un bel gruppo dirigente che si è creato intorno a Radicali Italiani e a Riccardo Magi con tante iniziative importanti: dal referendum sulla privatizzazione di Atac di cui parlavamo, alla campagna “Ero Straniero” per il superamento della Bossi-Fini, fino alle tante iniziative sulla legalizzazione della cannabis e alle battaglie dell’associazione Luca Coscioni per il testamento biologico. Ci sono veramente molte potenzialità, e un laboratorio politico che è sicuramente ancora oggi pionieristico e che ha tanto da dare al dibattito pubblico italiano, bisogna ora cercare di lavorare insieme e di non generare inutili fratture interne”.
Siete riusciti a raggiungere i 3.000 iscritti per la sopravvivenza?
“I 3.000 iscritti è un obiettivo di mozione del Congresso di Rebibbia del Partito Radicale Transnazionale. Al momento mi risulta che siano la metà. In ogni caso non credo che i numeri siano così importanti, quello che conta è la qualità delle proposte. Io sto collaborando di più sulle campagne dei Radicali Italiani come la privatizzazione di Atac o “Ero Straniero”. La tessera serve sicuramente per avere strumenti e personale militante per portare avanti le idee, ma è vero anche che con delle buone campagne arrivano i numeri, arrivano i finanziamenti, arrivano i nuovi militanti, quindi è importante soprattutto concentrarsi su degli ottimi obiettivi per il futuro”.