Prende il via la Commissione di studio sulla fintech. Rischi e opportunità della digitalizzazione sotto la lente di ingrandimento in vista della nuova Legislatura
di Alessandro Alongi
Peer to peer lending, crowdfunding,roboadvisor, personal finance, money transfer ede-payment. Un ginepraio di inglesismi che nasconde, però, la prossima rivoluzione nel mondo della finanza. Il mercato dei capitali, infatti, si avvia verso un radicale cambiamento, uscendo dai circuiti tradizionali prima conosciuti (come le banche e le borse valori) e dirigendosi quasi interamente sulle piattaforme web.
I repentini cambiamenti imposti dalla tecnologia toccano anche la politica che non può chiudere gli occhi dinanzi all’affermarsi e allo sviluppo delle innovazioni digitali, cambiamenti che impattano ogni ambito della società, ivi inclusa la circolazione dei capitali. Montecitorio ha così deciso di accendere un faro sulla c.d. «fintech», ossia tutto il mondo legato alla digitalizzazione dei servizi finanziari, bancari e assicurativi. L’unione tra la tecnologia e la finanza, infatti,è uno dei fattori più importanti di crescita degli ultimi anni e, proprio in virtù di ciò, si rende necessario un approfondimento molto attento.
È per questo che, lo scorso luglio, la Commissione Finanze della Camera ha dato avvio ad una indagine conoscitiva sulle tematiche relative all’impatto della tecnologia sul settore finanziario, creditizio e assicurativo, analisi volta a sciogliere i primi interrogativ isui rischi e sulle opportunità del settore «fintech» rispetto al sistema tradizionale. Appare ormai scontato che banche, agenzie assicurative e broker così come oggi li conosciamo, tra qualche anno, appariranno desueti e sorpassati dall’imperante cavalcata della tecnologia.
Primo punto di attenzione nell’agenda dei deputati sarà l’attualità dell’ordinamento giuridico italiano e la sfida che attende la legislazione nei prossimi anni. Da una parte, infatti, bisogna evitare che il sistema legislativo si presenti lacunoso e carente sotto il profilo normativo e, dall’altro, bisogna evitare il più antico dei mali, ovvero l’eccessiva regolamentazione di un settore in erba, con la pratica conseguenza di fermare sul nascere il substrato della nuova economia, avvantaggiando indirettamente altre nazioni più competitive e meno burocratizzate.
Il connubio tra finanza e tecnologia, del resto, non può più essere sottovalutato. Gli investimenti privati in società «fintech», che nel 2010 erano pari a 1,8 miliardi di dollari, nel 2015 sono cresciuti sino alla cifra di 19 miliardi. Una montagna di transazioni digitali che ha risvolti pratici, basti pensare all’influenza della digitalizzazione sul sistema creditizio tradizionale: se nel 2009 il 70% dei clienti utilizzava le filiali bancarie, oggi due contatti su tre con le banche avvengono in via digitale e, secondo
alcuni analisti, entro il 2021 quasi 3 miliardi di utenti potranno accedere ai servizi bancari al dettaglio tramite smartphone e PC, con una crescita del 53% rispetto al 2017. Cifre impressionanti su cui la Commissione Finanze vuol vederci chiaro.
L’inchiesta si propone, lungo sette mesi (termine previsto entro la fine della legislatura), di analizzare un universo tecno-finanziario orbitante intorno al nuovo mondo dei capitali. Per realizzare al meglio ciò la Commissione ha calendarizzato un fitto programma di audizioni, sia dal mondo istituzionale (si prevede la partecipazione del Ministero dell’economia e dello Sviluppo economico, insieme alla Banca d’Italia e alla CONSOB), sia quello associativo (ABI, ANIA), passando per tutti i soggetti operanti nel settore della tecnologia finanziaria, le istituzioni bancarie, le associazioni di tutela dei consumatori e gli esperti del settore.
Ma, accanto alle innovazioni, rimangono i tradizionali problemi legati alla tutela dei risparmiatori, ai rischi sulla privacy dei dati personali trattati dai giganti di internet, insieme ai presidi per il contrasto al riciclaggio di denaro che, in prospettiva, dovranno essere necessariamente rivisti. Insomma, le sfide per il legislatore di domani non mancheranno, ma la vera gara di abilità rimane quelladi definire una cornice regolamentare capace di garantire la pacifica convivenza tra operatori tradizionali e le nuove startup del settore tecno-finanziario.
Il primo appuntamento è già fissato per il 2018, anno che vedrà il recepimento della “direttiva PSD2”, provvedimento che abbatterà definitivamente ogni barriera all’operatività delle società «fintech», con la conseguenza che ogni spazio lasciato libero dalle banche tradizionali sarà immediatamente occupato da queste nuove realtà tecno-finanziarie. Bisogna, dunque far presto e comprendere in pieno i nuovi meccanismi. Solo così sarà possibile consegnare al nuovo Parlamento tutti gli elementi capaci a non far sfuggire di mano, ancora una volta, il futuro a questo Paese.