Audizione fiume per il capo della vigilanza di Palazzo Koch, Carmelo Barbagallo. Insoddisfatti molti dei commissari
Si è svolta oggi una lunga seduta della Commissione d’inchiesta sulle banche: al centro dei lavori le audizioni del capo della vigilanza di Banca d’Italia, Carmelo Barbagallo, e del direttore generale della Consob Angelo Apponi.
Molte sono state le domande per il primo dei due ospiti, che ha finito per essere protagonista di gran parte della riunione, andata oltre le quattro ore di discussione: lo streaming, che certamente ha favorito la spettacolarizzazione della giornata, a tratti è apparso addirittura in difficoltà per il traffico sostenuto dal sito Web della Camera. Argomento del contendere, le vicende che hanno interessato le due banche venete, Veneto Banca e Popolare di Vicenza: due casi fra i più scottanti per la vigilanza bancaria, sulla quale ha posto l’accento di recente anche il segretario del Pd Matteo Renzi, con lo scontro sulla conferma del governatore Ignazio Visco.
Saldamente ancorato alla difesa dell’attività del suo ispettorato e dell’Istituto di via Nazionale, Carmelo Barbagallo ha riportato tutti i dettagli relativi a quanto accaduto agli istituti bancari veneti nel corso degli ultimi anni. In particolare, ha rivendicato il ruolo di Bankitalia nell’aver rilevato le criticità presenti, affermando che il merito di questa denuncia non sarebbe da ricondurre alla Bce di Mario Draghi, ma all’attività della vigilanza italiana. Sarebbero state ben 16 le ispezioni alle due banche fra il 2007 e il 2017: 9 presso la Popolare vicentina e 7 nei confronti di Veneto Banca, dalle quali sono emerse irregolarità che Palazzo Koch avrebbe tempestivamente sanzionato, seppur senza successo.
In particolare, dopo un’ispezione del 2008 alla Popolare furono irrogate sanzioni per 560.000 euro agli amministratori e ai sindaci, disponendo il divieto di nuove acquisizioni e di ampliamento della rete territoriale, chiedendo anche la revisione del metodo di fissazione del prezzo delle azioni, che, come emerso anche dalle indagini della magistratura, era sovrastimato e non aveva alcuna relazione con le reali condizioni della banca. Nel 2012 invece, dopo un controllo nei confronti di Banca Intermobiliare (controllata di Veneto Banca), ne furono chiesti la revoca dei poteri all’AD e il ricambio del Cda.
In tutti i casi di irregolarità riscontrate, ha sostenuto ancora Barbagallo, Bankitalia ha segnalato quanto dovuto alla magistratura, senza però poter rendere del tutto pubblici gli atti di indagine, poiché coperti da segreto d’ufficio secondo quanto imposto dalla legge, a tutela dei risparmiatori. Il funzionario di via Nazionale non ha poi esitato a indicare chiaramente le cause del crack degli istituti veneti: i manager, disattendendo più volte le richieste della Vigilanza, avrebbero anche occultato deliberatamente numerose informazioni, impedendo così indagini approfondite e realistiche sulla condizione delle due banche. Le operazioni fraudolente, nel momento in cui la crisi economica si è fatta più dura, sono emerse in tutta la loro gravità, mentre il management, vero responsabile della situazione, sarebbe stato “autoreferenziale e inadeguato”.
Ferma la posizione anche sul caso delle cosiddette porte girevoli, ovvero il passaggio nelle varie controllate di personale prima in forze alla Banca d’Italia, circostanza che a detta di molti avrebbe contribuito all’occultamento di conti e infrazioni. Carmelo Barbagallo ha affermato di non aver mai incoraggiato simili spostamenti, ma di averli al contrario sconsigliati, malgrado all’epoca non esistessero regole che lo impedivano, contrariamente a quanto avviene oggi.