Varato in via preliminare il D. Lgs, ora atteso in Parlamento. Novità su stato di emergenza e mobilitazione dei cittadini
di Federica Fabiani
Nella riunione di venerdì 10 novembre, il Consiglio dei Ministri ha approvato in via preliminare, su proposta del premier Paolo Gentiloni, un Decreto legislativo per l’attuazione della riforma del sistema nazionale della protezione civile, che ora andrà in Parlamento per ricevere il parere delle Commissioni competenti. Dal comunicato di Palazzo Chigi si evince che l’obiettivo del provvedimento è rafforzare l’azione del servizio nazionale di protezione civile in tutte le sue funzioni, con particolare rilievo per le attività operative in emergenza. In occasione della conferenza stampa, infatti, Gentiloni ha spiegato che si tratta di una “riforma rilevante: un punto di equilibrio, nel pendolo tra gigantismo e minimalismo” in modo da dare “una base solida a un’eccellenza italiana“.
Le novità principali del Decreto legislativo vertono sulle procedure relative allo stato di emergenza, sul principio di “mobilitazione generale” e sul coinvolgimento dei cittadini.
In merito allo stato di emergenza, si prevede che la dichiarazione non possa superare in termini temporali i 12 mesi più 12, in luogo dei 6 mesi più 6 previsti oggi e che le ordinanze di protezione civile possano intervenire, oltre che sull’organizzazione degli interventi di assistenza alla popolazione e di ripristino dei servizi pubblici, anche sull’attivazione delle prime misure economiche di immediato sostegno ai cittadini, in attesa che vengano quantificati i danni reali.
Inoltre, al verificarsi di eventi di livello nazionale, per il primo stanziamento di risorse non sarà più necessario attendere la ricognizione del danno e i tempi di delibera e intervento, ma basterà soltanto una valutazione speditiva eseguita dal dipartimento della protezione civile, sulla base delle informazioni ricevute in raccordo con i territori.
Con l’introduzione del concetto di mobilitazione generale, poi, si punta ad ottenere due risultati fondamentali: poter operare, senza la dichiarazione dello stato d’emergenza, sia in previsione dell’evento – supportando le autorità locali – che nell’immediatezza del fatto, riducendo così l’impatto dei fenomeni.
In aggiunta, per dare il giusto risalto alla partecipazione dei cittadini alle attività di protezione civile, si regolamentano le attività di volontariato mediante le quali essi potranno prendere parte, in forma singola o associata, al processo di elaborazione della pianificazione di protezione civile, in correlazione alle esigenze di diffusione della conoscenza di simili strumenti. Viene altresì introdotto per la prima volta il principio di responsabilità del cittadino, rispetto alle indicazioni date dalle autorità di protezione civile ai diversi livelli. Come ha spiegato Angelo Borrelli, Capo del Dipartimento della Protezione Civile, se è vero che ogni cittadino ha il diritto ad essere informato dei rischi del territorio in cui risiede, dall’altro lato ha anche il dovere di essere consapevole di quegli stessi rischi.
Per quanto riguarda, infine, gli strumenti organizzativi e finanziari per la realizzazione delle attività di protezione civile, la riforma del Governo prevede una ripartizione delle risorse in tre fondi: Fondo nazionale di protezione civile per le attività di previsione e prevenzione, Fondo per le emergenze nazionali e Fondo regionale di protezione civile.
Complessivamente, il d. lgs. chiarisce in modo più netto la differenza tra la linea politica e quella amministrativo-operativa ai differenti livelli di governo territoriale, migliorando la definizione della catena di comando e di controllo in emergenza in caso di calamità.