Le strategie di Francia e Germania sul climate change, l’appello di Sefcovic sui piani energetici nazionali, la Cina verso un proprio sistema Ets
Domenica 19 novembre al festival “Economia come” di Roma si sono confrontati Enrico Giovannini, già Ministro del lavoro, Presidente ISTAT dal 2009 al 2013 e attuale Portavoce dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile e Michael Jacobs, visiting professor alla London School of Economics e consigliere del Primo Ministro inglese dal 2004 al 2009 per le politiche energetiche e il cambiamento climatico. Quest’ultimo ha sottolineato il fallimento del modello economico attuale, in quanto oltre a danneggiare l’ambiente non sarebbe più in grado di garantire il miglioramento della qualità della vita delle persone: i salari non accennano a salire e aumenta in modo esponenziale la disuguaglianza. Giovannini, da statistico, ha concordato con la visione dell’intellettuale inglese, aggiungendo che occorre continuare a sforzarsi di pensare politiche che migliorino la situazione perché un modello economico alternativo ad oggi non c’è e nessuno sa dove stiamo andando. Visione grigia, tuttavia è alla risoluzione di questi problemi che sono impegnati i principali Stati e organismi internazionali e di questo trattano le tre notizie selezionate per voi questa settimana.
- Germania e Francia sono i due soli Paesi europei e gli unici due membri del G7 ad aver mandato i capi dei loro esecutivi alla Conferenza internazionale sul clima di Bonn (COP23). Il messaggio che Angela Merkel ed Emmanuel Macron hanno lanciato è stato molto chiaro: l’Europa deve continuare i suoi sforzi per ridurre le sue emissioni nocive e allo stesso tempo aiutare i Paesi in via di sviluppo a seguire la medesima strada. Macron ha annunciato le quattro iniziative francesi per la lotta al cambiamento climatico: una border tax riguardante le emissioni di carbonio sulle importazioni da quei Paesi che non perseguono gli stessi obiettivi dell’Unione; una riforma del sistema ETS che imponga un prezzo della CO2 di circa 30 euro per tonnellata; l’integrazione degli accordi commerciali con obiettivi ambientali; migliorare l’interconnessione delle reti elettriche per accrescere la produzione di energia rinnovabile. Anche Angela Merkel crede che la riforma del sistema ETS sia importante e urgente. La Cancelliera si è dichiarata una sostenitrice degli sforzi per incrementare il Market Stability Reserve, che ha il compito fondamentale di ridurre il numero di permessi sul mercato europeo che adesso registra una situazione di saturazione. In una lettera aperta inviata il 13 novembre, diciotto ONG tedesche e francesi hanno invitato i due leader ad «affermarsi come la forza trainante di un progetto europeo che risponda alle sfide del cambiamento climatico, riflettendo gli obiettivi di Parigi in azioni concrete». Le organizzazioni ambientaliste, in particolare, invitano la Germania e la Francia a sostenere, nell’ambito della Commissione europea, l’elaborazione di un ambizioso piano energetico sul clima per il 2030.
- Giovedì 16 novembre Maroš Šefčovič, vicepresidente per l’Unione energetica, ha dichiarato durante un’intervista a Politico Playbook Breakfast, che i Paesi UE devono velocizzare la definizione dei piani energetici nazionali al fine del raggiungimento degli obiettivi climatici del 2030. Šefčovič ha affermato che la presentazione delle Strategie energetiche stimola la fiducia in chi vuole investire in Europa e nei singoli Paesi. Per incentivare e facilitare la definizione delle Strategie, la Commissione ha inoltre preparato dei modelli guida che richiedono solo uno sforzo di compilazione con i dati e gli obiettivi nazionali. Il 23 novembre ci sarà la presentazione del prossimo rapporto sullo stato dell’Unione energetica e Šefčovič si farà portatore del medesimo messaggio in quanto ad oggi, solo due terzi dei Paesi dell’Unione UE hanno iniziato a lavorare ai Piani. L’altro terzo sta ancora temporeggiando.
- Giovedì 16 novembre, durante la COP23, Xie Zhenhua, rappresentante del governo cinese per il climate change, ha dichiarato che entro la fine del 2017 il Dragone lancerà il proprio sistema di scambio delle emissioni (ETS) e che il progetto regolatorio è attualmente in attesa di approvazione da parte del Governo. Sono stati molti gli sforzi del Paese asiatico per affrontare il tema delle emissioni di CO2, sia per quanto riguarda le centrali elettriche alimentate da combustibili fossili, sia per il settore dei trasporti. La strada sembra però è ancora lunga, l’obiettivo del Governo di ridurre del 15% all’anno l’inquinamento urbano sembra difficilmente raggiungibile: nel mese di ottobre, 24 grandi città cinesi su 28 hanno fallito i loro obiettivi riguardanti la qualità dell’aria. Ecco perchè la Cina sente come sempre più urgente la creazione di un sistema ETS interno. Il piano del Dragone è quello di utilizzare una strategia di espansione graduale del proprio ETS ai diversi settori industriali. Solo in un secondo momento verrà presa in considerazione l’ipotesi di collegare il sistema interno con quello degli altri Stati industrializzati.