Simili i livelli di spesa pro capite, più marcate le differenze per le entrate individuali. Audizione dell’Ufficio parlamentare di bilancio alla Camera
Si è svolta ieri, in Commissione Bilancio alla Camera, l’audizione del Presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio (UPB), Giuseppe Pisauro, chiamato a riferire nell’ambito dell’esame del Decreto fiscale, approvato la settimana scorsa dal Senato, ed il cui iter legislativo è iniziato questa settimana alla Camera.
Il Presidente dell’UPB, organismo indipendente con il compito di svolgere analisi e verifiche sulle previsioni di finanza pubblica del Governo e di valutare il rispetto delle regole di bilancio nazionali ed europee, ha svolto la sua relazione su richiesta della Commissione parlamentare, mettendo in luce alcuni interessanti aspetti in merito alla redistribuzione territoriale delle risorse pubbliche per aree regionali.
Sebbene all’interno del Bilancio pubblico italiano ci siano ben pochi programmi che hanno come finalità specifica la redistribuzione territoriale, è soprattutto per via indiretta che si ottiene tale finalità redistributiva, attraverso una politica che sia indirizzata ad agevolare gli investimenti privati – come ad esempio la previsione di un credito di imposta per gli investimenti – o alla decontribuzione prevista per una determinata area territoriale.
Tali politiche – come chiarito dal presidente Pisauro nel corso del suo intervento – producono infatti effetti redistributivi per gli individui, sia attraverso azioni dirette, sia mediante il ricorso a politiche che pur non avendo come fine principale quello redistributivo, concorrono al medesimo obiettivo finale della distribuzione territoriale delle risorse.
Una riflessione è stata aperta da Pisauro in merito alla equità cd. “orizzontale” di tale flusso redistributivo: non sono infatti i territori a beneficiare direttamente della spesa pubblica ma i singoli individui che ricevono in termini di spesa pubblica ciò che pagano in funzione di imposte.
La relazione si è in particolar modo concentrata sul tentativo di misurare il residuo fiscale di un dato territorio, sulla base dei conti pubblici territoriali e delle valutazioni della Banca d’Italia, due parametri di valori medi misurati in euro/pro capite per singole Regioni, di cui si è tenuto conto nell’analisi ma che risentono, per stessa ammissione del Presidente, di un elevato livello di incertezza.
Ciò che emerge è che, confrontando tra loro le Regioni con la spesa pro capite più bassa – come la Sicilia – e i territori con quella più alta – come la provincia autonoma di Bolzano – i livelli di spesa, togli gli estremi, risultano abbastanza vicini, mentre se si confrontano tra loro le entrate pro capite regionali, le differenze sono molto più marcate (con una rapporto di quasi 1 a 2 tra la Lombardia e la Calabria).
Ciò si spiega con il fatto che la spesa generale non segue i criteri distributivi mentre le entrate risentono della distribuzione delle ricchezze delle persone. Ne consegue che le Regioni con Pil più elevato mostrano residui negativi (entrate maggiori delle spese) mentre quelle con Pil più bassi evidenziano residui positivi (spese maggiori delle entrate).
E’ stato inoltre messo in luce, sulla base dei conti pubblici territoriali il quasi perfetto allineamento delle entrate pro capite per ciascuna Regione con il reddito regionale, con un andamento simile a quello che produrrebbe l’applicazione di un’imposta proporzionale al reddito.
Infine, in merito alla spesa associata alle politiche di coesione dirette a ridurre gli squilibri territoriali – voce che rappresenta circa ¼ della spesa in conto capitale italiano – questa, pur essendo maggiormente concentrata al sud, viene di fatto compensata dalla spesa derivante da risorse ordinarie, con una distribuzione opposta.