Dopo l’emendamento Santini, si va verso un altro intervento legislativo per allungare i tempi dell’attuale collegio in scadenza
di LabParlamento
L’approvazione dell’ “emendamento Santini” alla Legge di Bilancio apre ormai la strada alla proroga dell’attuale collegio dell’Autorità per l’Energia (elettricità, gas, acqua). L’emendamento, in sintesi, prevede il passaggio alla regolazione della competenza sui rifiuti; il conseguente cambio di denominazione (Arera) assieme al nuovo ampliamento da 3 a 5 del numero dei commissari e all’introduzione dell’“intesa” del Minambiente nella procedura di nomina con il Mise.
A questo punto la proroga per legge di almeno di sei mesi del collegio guidato da Guido Bortoni, in scadenza l’11 febbraio 2018, appare indispensabile perché il complesso iter di nomina potrebbe partire solo dopo il via alla manovra economica, ovvero a Camere probabilmente sciolte visto che tutto lascia pensare al voto a marzo. Dato che, a quanto pare, il consueto decreto Milleproroghe di fine anno non ci sarà, la strada più probabile è quella di un altro intervento legislativo nella Legge di Bilancio, se non subito, dopo alla Camera, per decidere tempistica ed eventuali modalità della proroga. Del resto, se così non fosse, considerando che il nuovo Parlamento non sarà operativo prima di maggio/giugno (senza contare la possibilità di uno stallo per formare il Governo), avremmo un transitorio di alcuni mesi senza Autorità. Il che è impossibile se non al prezzo di una grave vulnus alla regolazione dei settori interessati. Con effetti a catena sulla vita dei mercati.
Il precedente collegio (formato da Alessandro Ortis e Tullio Fanelli) in realtà si trovò in una situazione simile, anche se non per scioglimento delle Camere, e decise autonomamente di prorogarsi per 60 giorni (sentito il Consiglio di Stato data l’assoluta novità della situazione ed il fatto che la legge istitutiva non contempla questa possibilità), limitandosi all’ordinaria amministrazione e agli atti urgenti e indifferibili. Ma i tempi qui sarebbero assai più lunghi e le decisioni del collegio potrebbero essere facilmente impugnate. Molto meglio dunque l’intervento per legge magari precisando “ad abundantiam” nell’occasione la pienezza dei poteri per il transitorio.
L’importante è fare presto dato che il peggio che può accadere sarebbe proseguire nell’attuale fase di incertezza.
Va da sé che a questo punto la partita sui nomi, da tempo in corso, appare rimandata ai prossimi Esecutivo e Parlamento, come opportuno che sia e, del resto, era largamente prevedibile in considerazione dell’attuale congiuntura già dichiaratamente elettorale. Non che questo faciliti, dopo, la scelta. Specie se dalle urne uscisse un quadro politico poco definito.