L’audizione di Bankitalia all’insegna del «mai». Etruria: Renzi chiese, non risposi. Buoni rapporti con gli ultimi tre premier
«La Banca d’Italia non ha mai fatto pressione su nessuno. Io non vedo mai banchieri da soli»: con queste parole del Governatore di via Nazionale Ignazio Visco, ascoltato stamane dalla Commissione d’inchiesta parlamentare presieduta da Pier Ferdinando Casini, è entrato nel vivo lo scontro sulla gestione del sistema bancario degli ultimi anni, una ricerca della verità in perenne tensione tra l’individuazione delle responsabilità manageriali e il continuo intreccio di interferenze politiche, reali o presunte.
La «settimana degli illustri testimoni» si era aperta ieri, con la deposizione del Ministro Pier Carlo Padoan (che non ha esitato a riconoscere le carenze nel sistema di vigilanza), e si protrarrà sino a domani, quando l’ex amministratore delegato di Unicredit Federico Ghizzoni verrà chiamato a relazionare sul ruolo del colosso bancario nella crisi.
«Mai avuto telefonate da Zonin e mai nessuna pressione è stata fatta per favorire la Popolare di Vicenza». Sul punto Visco è stato irremovibile, puntando l’attenzione anche sull’efficacia del sistema di vigilanza, disattenzione da molti rimproverata agli inquilini di Palazzo Koch. Pur non nascondendo la mala gestio di taluni istituti, il Governatore ha tenuto a precisare come le banche siano imprese e, come tali, sono trattate dalla vigilanza con l’autonomia riconosciuta a queste realtà imprenditoriali. In definitiva, la vigilanza non può stabilire le modalità operative da adottare, compito che resta in carico ai singoli istituti.
Gli interventi nella governance degli istituti bancari hanno incontrato notevole resistenza, e non solo nell’industria bancaria. Questi ritardi hanno favorito la recessione e un percorso di crisi profonda, protratta sino ai nostri giorni, «con una perdita di fiducia grave nei risparmiatori».
Ma è sul ruolo delle relazioni tra mondo del credito e personalità delle istituzioni che si è innescato l’interesse dei componenti della commissione d’inchiesta, a partire dal Presidente Casini che, interpretando il sentire di tutti, ha voluto comprendere quali siano stati i rapporti tra il Governo e la Banca d’Italia.
Visco ha affermato di non aver mai registrato screzi con i Presidenti del Consiglio, da Letta a Gentiloni passando per Renzi. Ci sono stati diversi contatti tra personalità delle istituzioni e Bankitalia, quello si, anche con l’allora premier Renzi, ma tutti incentrati sul merito delle politiche di via Nazionale, sull’andamento internazionale e sui problemi generali delle banche. Le domande, su Vicenza ed Etruria, da parte di Renzi ci furono, ma il Governatore non rispose e non entrò mai nelle discussioni: «Non si parla di questioni di vigilanza riservate». Affari nevralgici affrontati soltanto con il Ministro dell’Economia, così come prescrive la legge, e con nessun altro attore istituzionale.
Quella che all’inizio è parsa una battuta (l’interesse di Renzi per quegli “orafi” vicentini che volevano fondersi con gli “orafi” aretini) non si è mai trasformata, agli occhi di Visco, come una richiesta di sollecitazione per Banca Etruria.
Il senatore Augello (Idea), riferendosi all’audizione nei giorni scorsi del capo del dipartimento vigilanza bancaria e finanziaria di Bankitalia, Barbagallo, ha chiesto conto delle carenze, nei prospetti informativi sugli investimenti, di informazioni utili a mettere in condizioni molti risparmiatori di effettuare scelte finanziarie consapevoli. Visco non ha nascosto i rapporti, all’inizio difficili, con Consob su tale tema, ma la sensazione vera del Governatore è che qualsiasi prospetto informativo presenta motivi di «paura». Il problema non è tanto quello che è riportato nei documenti di proposta, quanto come mai in Italia siano stati venduti certi prodotti, finanziariamente molto pericolosi.
Per il senatore D’Alì (Forza Italia) si è assistito ad una forte differenza di trattamento nelle crisi dei diversi istituti di credito, dove Monte dei Paschi, ad esempio, è stata “iperassistita”, fruendo di notevoli provvedimenti pubblici a sostegno del suo salvataggio, e le Popolari venete e le banche minori, meno sostenute, con l’impossibilità per le stesse di accedere a determinati provvedimenti di salvaguardia. Sono diversi i modi di risoluzione per una stessa crisi, ha affermato Visco, che ha giustificato così la diversità di trattamento delle diverse banche. Nessuna differenza “a priori” dunque, semmai forse, “a posteriori”, sempre alla ricerca costante di una soluzione benefica per l’intero sistema.