“La comunità internazionale non deve riconoscere il governo dei talebani. Io ho i miei dubbi, perché gli americani hanno parlato con loro per 4 anni, a Doha, e hanno fatto degli accordi”. Ma “ho seriamente paura che, se gli americani lo riconoscono, la questione è finita”. È quanto afferma la principessa Soraya Malek dell’Afghanistan, nipote del Re Amanullah e della Regina Soraya, “sovrani modernizzatori” che hanno regnato dal 1919 al 1929 – in esilio a Roma dopo un colpo di Stato – promotori di riforme come “l’uguaglianza dei sessi, la prima Costituzione, l’introduzione della scuola dell’obbligo per maschi e femmine fino alla quinta elementare, pagata dallo Stato, quando in Italia l’obbligo era ancora fino alla terza”.
In una videointervista per la convention della Community “Donne Protagoniste in Sanità”, in corso di svolgimento a Bologna, organizzata da Koncept presso l’Istituto Ortopedico “Rizzoli”, la principessa Soraya (“avevo 14 anni quando è morta mia nonna, che mi ha insegnato a servire il popolo afghano”) ripercorre le vicende degli ultimi due decenni: “In questi 20 anni di occupazione occidentale, qualcosa è stato fatto, ma il problema è che sono stati spesi tantissimi soldi per le spese militari”. Nota positiva “la cooperazione italiana, soprattutto sul reparto sanitario, che ha fatto tantissimo per le donne, corsi di specializzazioni, mammografie, finanziando anche il centro ustioni di Kabul”.
“Oggi in Afghanistan c’è carestia, è un disastro umanitario per tutti, non è solo un problema per donne e bambini”, sottolinea. E “se in 20 anni è stato fatto ben poco, immaginiamoci in una situazione del genere, dove comunque la Banca mondiale, il Fondo monetario, le organizzazioni internazionali non daranno soldi all’Afghanistan. Per questo parlo di disastro umanitario”, ribadisce la principessa Soraya.
Infine, il capitolo accoglienza (4.970 le persone giunte nel nostro Paese dall’Afghanistan). “Ringrazio gli italiani per la loro generosità, da Nord a Sud”, sottolinea la principessa Soraya, elencando i casi virtuosi di sua conoscenza, tra cui una vedova con 5 bambini, pur evidenziando che “in alcuni casi vi sono state anche famiglie divise, genitori in una città e figli in un’altra. Probabilmente è stato dovuto per il caos del momento, spero vivamente che queste famiglie possano di nuovo riunirsi”.