Ugo Arrigo, docente all’Università Bicocca, spiega a LabParlamento problemi e soluzioni alla crisi della compagnia di bandiera
di Valentina Magri
“Mettere sotto controllo i costi, verificare se l’offerta e le politiche di prezzo sono adatte al contesto di mercato ed eventualmente fare piccole modifiche”. Questi i principali compiti di coloro che dovranno gestire il commissariamento di Alitalia (Luigi Gubitosi, Enrico Laghi e Stefano Paleari, ndr) secondo Ugo Arrigo, professore associato presso l’Università Bicocca di Milano, esperto di economia e regolazione delle public utilities, economia delle amministrazioni pubbliche, teoria delle scelte collettive, finanza pubblica e sviluppo territoriale.
Dopo il “no” al referendum sul preaccordo per il salvataggio di Alitalia del 24 aprile, il Cda e l’assemblea dei soci il 2 maggio hanno chiesto il commissariamento della società. Il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, si dice contrario ad una nazionalizzazione. Quali sono a questo punto le soluzioni sul tavolo e quella, a suo avviso, più probabile?
“Le soluzioni devono essere ricercate dai tre commissari e non sono facilmente identificabili adesso. Richiedono che i commissari controllino i conti e comprendano i motivi di questo rapido deterioramento. Tra i costi che destano perplessità, ci sono in particolare quelli di leasing della flotta. Il costo del lavoro non è un problema, perché non è mai stato così basso come quota dei costi totali. Il vero problema è che Alitalia vende troppo pochi posti tra quelli disponibili. Deve quindi cercare di agire di più sui voli, adottando anche politiche di prezzo competitive. Fatto questo, i commissari presenterebbero sul mercato un’azienda non dico rimessa in sesto, ma un po’ più interessante”.
Si parla per l’appunto di rinnovati interessi esteri per una possibile acquisizione, in tutto o in parte. Chi potrebbe acquisirla?
“È difficile dirlo. Innanzitutto, soggetti extracomunitari hanno il limite del 49% del capitale. Potrebbero arrivare dei vettori europei: la francese Air France-KLM, l’inglese British Airways, le spagnole Iberia e Vueling, la tedesca Lufthansa. Air France-KLM si è già scottata parecchie volte e quindi penso non si ripresenterà. British Airways ha già un’alta redditività e non so quanto potrebbero essere interessati. Iberia ha il vantaggio di avere al suo interno il vettore low-cost Vueling. Ad ogni modo, la possibilità di trovare una soluzione dipende da quanto i commissari avranno successo e riusciranno a fare le cose rapidamente”.
Ma Alitalia secondo lei è ancora appetibile?
“Non è appetibile Alitalia, ma per i vettori esteri lo sono il mercato italiano del trasporto aereo, i 23 milioni di passeggeri di Alitalia e quanto sono disponibili a pagare per volare. Quei passeggeri trasportati in modo efficiente e secondo logiche di mercato possono generare profitti.
Perché Alitalia, in tutti questi anni, non ha mai decollato? E alla luce dei passati piani industriali, non era largamente prevedibile la nuova grave crisi?
“La nuova crisi era assolutamente prevedibile, ma non ci si aspettava che si manifestasse così presto e in modo così intenso. I piani di Alitalia degli ultimi 15 anni sono stati tutti errati: dopo l’11 settembre 2001, hanno sbagliato a tagliare i voli intercontinentali per non ripristinarli più; inoltre il centrodestra e i sindacati italiani nel 2008 si sono fatti lasciare scappare l’occasione di aggregazione con Air France-KLM; nel 2008-2009 la cordata italiana ha ridimensionato Alitalia; infine Etihad ha capito che bisognava lanciare il lungo raggio ma ha commesso l’errore di non metterci abbastanza aerei”.
Che ruolo hanno avuto le banche, i sindacati e lo Stato italiano in questa vicenda?
“I governi che si sono succeduti non hanno mai avuto una visione chiara di quello che bisognava fare. I sindacati sono stati molto miopi ed è giusto che siano stati sconfessati dagli iscritti all’ultimo referendum”.