La sbornia del G20, il successo mediatico dell’Italia che “fu” dal Colosseo all’Eur, con finale alla ‘volemose bene‘ a Fontana di Trevi, ci restituisce ad una realtà desolata che viaggia convintamente nel nulla di fatto, con l’onnipresente minaccia di chiusure sanitarie, terze dosi, varianti a cui francamente la gente non presta più attenzione.
Intanto, la benzina è stabilmente a 3.500 lire al litro (per gli europeisti 1,78 euro), con l’equivalente noi baby boomer ci riempivamo il serbatoio della Vespa.
Probabilmente l’inflazione tendenziale punta ad un 4%, attualmente siamo già al 3,5%, il che semplicemente significa che l’euro che abbiamo in tasca sta perdendo potere e per riempire il serbatoio di una Panda servono più di centomila lire (52,00 euro), mentre fare la spesa costa semplicemente il 10% in più, perché l’intera filiera, dalla produzione alla distribuzione, somma algebricamente gli aumenti e l’inflazione reale è sempre superiore ai dati statistici che si basano sull’esame solo di alcuni prodotti.
Il problema è costituito da redditi inchiodati, quando si ha la fortuna di un reddito non precario ed eventuale. Sembra una bestemmia, ma è consolidata la categoria di lavoratori poveri, quelli che vivono in una subcondizione di cittadinanza di serie B (sindacati missing).
Il Governo Draghi fa il suo compitino filo europeista, ma sui proclami di crescita ci sarebbe molto da dire, in realtà stiamo semplicemente tornando al depresso dato di zero virgola di fine 2019, tant’è che il +6% è il recupero sui 15 mesi precedenti, quando le attività commerciali ed industriali sono state chiuse per il covid.
La politica è in sospensione, i parlamentari, preoccupati del sussidio pensionistico, chiamati a vidimare gli striminziti provvedimenti governativi a suon fiducia. Manca una qualsiasi visione e meno che mai c’è una progettazione su dove siamo e dove vogliamo andare come nazione, come popolo.
L’unico verbo è l’invocata nuova normalità ed il progressivo imbarbarimento di una democrazia sempre meno libera. L’assordante silenzio degli intellettuali sul daspo del portuale Puzzer e la gestione sempre più incomprensibile dell’ordine pubblico, palesa la mancanza di un indirizzo politico basato sul consenso popolare.
Le piazze piene da settimane di un popolo che protesta sono il sigillo di un fallimento politico generale. La contrapposizione tra vaccinati e non vaccinati è un’arma di distrazione di massa, un’allegoria che costruisce il nemico untore non vaccinato. Evidentemente qualcuno ha pensato bene di aggiornare (in malo modo) il racconto manzoniano della peste a Milano nel 1630.
E non si vede nulla di nuovo all’orizzonte con un Pd modesto esecutore dei dettami europeisti, un M5S in confusione perenne, attaccato ad una maggioranza governativa necessaria, almeno fino all’elezione del Presidente della Repubblica.
Non meno critica la situazione a destra con la Lega in evoluzione scissionistica tra Lega di lotta e Lega di governo e Fratelli d’Italia chiusa nel suo ruolo di unica opposizione. Poi c’è il centro, con la bandiera di Forza Italia a mezz’asta, di fronte a sondaggi di consenso non esaltanti, il cui vessillo è tenuto in piedi da colui che oramai è un padre nobile della politica italiana, leader assoluto del partito, impegnato in un’ardita operazione Quirinale che si basa su maggioranze di governo oggi non prospettabili concretamente.
Il vuoto nel centro della politica italiana c’è ed è un problema. Non mancano i politici di centro, in parte polarizzati a destra e sinistra, ma manca il leader e la visione moderata che li richiami ad una casa comune. Un partito di centro non belligerante, criticamente filoeuropeista in modo costruttivo, che possa aspirare ai voti dell’astensionismo ed a quei voti dispersi che hanno trovato asilo nel PD e nella Lega.
Un movimento che potrebbe valere dall’ 8 al 12%, ma servirebbe l’imprimatur dell’attuale leader di Forza Italia, prevedibile solo nell’ipotesi, oggi difficile da credere, che quest’ultimo salisse al Colle. Uno stallo alla messicana che mantiene un vuoto al centro.
Calenda, Renzi e Toti, seguendo ottiche dorotee di convergenze parallele potrebbero andare a riempire il centro, visto che le somme algebriche dei loro movimenti, già lasciano intravedere il superamento della quota minima, necessaria per entrare nel Parlamento che verrà. Se l’operazione riuscisse la partnership con la destra o con la sinistra garantirebbe governabilità, ma per il consenso popolare, occorre fare di più e dare un programma ed una visione agli astenuti, altrimenti quest’ultimi resteranno a casa a leccarsi le ferite che gli avrà inferto questa “nuova normalità”.
La moderazione di centro, invisa ai leoni da tastiera di sinistra che la disegnano con il male assoluto del compromesso – nel sillogismo semplicistico che dietro ogni compromesso ci sia il malaffare – è oggi quanto mai necessaria per contrastare la globalizzazione selvaggia, l’ambientalismo capitalistico (la transizione tecnologico verde vista come mercato nuovo, con una sensibilità ecologista di facciata) e, soprattutto, l’estremismo verbale e la violenza.
A livello pensionistico, ad esempio, tra quota 102 e 106, ci sono le persone, ci sono vecchi e giovani che devono poter coesistere e condividere la dignità del lavoro e della serenità del tramonto della vita.
Così come sul tema dell’immigrazione, tra gli sbarchi selvaggi e l’accoglienza di profughi e richiedenti asilo, c’è la dignità dell’uomo: mettere un naufrago su di un materasso lercio a terra è parimenti grave a lasciarlo alla mercè dei trafficanti di esseri umani, perché si ritiene giusto fargli tentare la lotteria del salvataggio in mare, invece di valutare il blocco navale ed i corridoi umanitari protetti.
Ecco che l’ottica moderata che contempera più soluzioni e dialoga sui contenuti, può essere la risposta per la soluzione ragionata dei problemi, ma per questo serve un soggetto politico al centro. Al momento questo soggetto politico non esiste, nemmeno in embrione e questo è un peccato per l’Italia.