“Un incontro cordiale e proficuo”. Queste, con declinazioni varie dettate dal gusto, sono le parole che sovente accompagnano l’esito di un vertice tra leader. Un comunicato scritto, oppure una poesia recitata a memoria in favore di camera. Non sempre le cose, però, dentro le stanze, vanno in maniera cordiale e proficua. È nell’ordine del rapporto tra potenze avere frizioni e tensioni, accordi e distensioni. E poi gli incontri, gli scontri, lo scambio di opinioni. Insomma: c’è sempre qualcosa di più̀. Qualcosa di meglio o qualcosa di peggio.
Sicuramente di peggio, nel caso del vertice tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky. Ma stupisce, tra le varie cose, restando nell’alveo della forma prima ancora che della sostanza, che non ci sia stato alcuno sforzo a dissimulare questo peggio. Trump, col prode JD Vance che ha fatto come il ladro dinanzi all’occasione, ha lasciato da parte le formule fatte da comunicato stampa e le poesie del 25 dicembre. Ha voluto abbattere la quarta parete della comunicazione e portare in scena, senza filtri o intermediazioni, il peggio.
McLuhan diceva che il “mezzo è il messaggio”, ossia: il modo in cui un mezzo di comunicazione organizza i contenuti è in grado di influenzare la percezione del messaggio. Forse è questo ad averci stupito oltremodo: la crudezza di uno spettacolo allarmante e il nulla per non darlo a vedere. Ci è stata data la possibilità di vedere, con i nostri stessi occhi, quanto pericolosa sia la situazione geopolitica in essere. Il conflitto è stato messo in bella vista. Non dentro una stanza, ma fuori di essa. Non off record ma on record. Non con la fatica del dissimulare, ma con smargiasso pavoneggiare. È stato un atto di bullismo istituzionale, politico, ma anche comunicativo. Indotto nella tana del leone e poi sbranato. Le avvisaglie ci sono state fin dall’antefatto: “come sei vestito bene, oggi”. Perché́ persino l’abito, nel mondo Trump-Vance, fa il Monaco. Una provocazione per preparare il terreno dell’imboscata.
Il motivo di questa fictio – che però è realtà̀ – sembra uno solo e molto semplice: dire al mondo che questa America vuole fare la voce grossa. Sui social, il Presidente, poco dopo, ha postato una immagine emblematica: “America first”. Si diffonde così la dottrina Trump: con la violenza verbale e comunicativa, con il distorcimento dei cerimoniali, utilizzando i media con l’intento di stridere e spaventare il mondo. La nuova amministrazione americana ha gettato la maschera e non ha fatto nulla per camuffare il suo volto. Ora tocca all’Europa, disvelare il suo. Una cosa è chiara: non ci saranno (solo) incontri cordiali e proficui, nei prossimi anni, alla Casa Bianca.