Al netto della pressoché monopolizzata esposizione mediatica e dell’inevitabile tribolazione che scuote animi e coscienze del popolo europeo, è nel sistema economico dell’UE che il conflitto russo-ucraino sta spiegando i suoi effetti più evidenti.
La diffusa carenza di materie prime e il conseguente rialzo dei prezzi di un paniere sempre più vasto di beni rappresentano la ineluttabile conseguenza di quanto sta accadendo ai confini orientali del Vecchio Continente. A risentire in maniera particolarmente intensa delle conseguenze prettamente economiche dell’evento bellico in corso sono stati sino ad oggi principalmente i settori petrolifero (e dei suoi derivati) ed energetico in generale.
In Italia, in particolare, imprese e privati cittadini avevano già dovuto somatizzare all’inizio dell’anno corrente consistenti aumenti in bolletta, soprattutto per quanto afferente l’approvvigionamento di energia elettrica. Tali aumenti, per quanto “previsti” e ampiamente preannunciati, avevano da un lato scoperchiato il vaso di Pandora di decenni di scarsa lungimiranza(italiana e non solo) nella pianificazione in materia di produzione “in proprio” di energia in alternativa alla mera importazione, e dall’altro avevano assestato una prima, decisa spallata all’equilibrio economico-finanziario di una importante fetta di famiglie e imprese italiane, un equilibrio peraltro già fustigato da due anni abbondanti di pandemia.
La guerra in corso, dunque, non ha fatto che acuire tali criticità e il Governo Draghi, per il momento, a parte interventi palliativi sul caro carburanti, è rimasto pressoché inerte in merito ai rincari del costo dell’energia scaturenti da quanto sta accadendo in Ucraina.
In questo scenario, in assenza di interventi strutturali “dall’alto”, non resta per i privati che provare a tutelarsi autonomamente per evitare di soccombere nella giungla del mercato dell’energia. Non è un caso, dunque, che si discuta in maniera sempre più frequente di strumenti giuridico-normativi che, seppur con gli inevitabili limiti, potrebbero rivelarsi un valido mezzo di tutela soprattutto per le imprese.
Il riferimento va in particolare all’art.1467 del Codice Civile che permette, nell’ambito di un rapporto contrattuale di durata quale quello di fornitura di energia elettrica, ad uno dei contraenti (nel caso di specie all’acquirente), di chiedere la risoluzione del contratto in caso di eccessiva onerosità sopravvenuta dello stesso. Senza dilungarsi in tediosi tecnicismi, basti in via esemplificativa pensare all’azienda che ha visto lievitare spropositatamente i costi in bolletta a causa di un evento inatteso quale quello della guerra divampata tra Russia e Ucraina.
In casi come quello appena prospettato la parte “debole”, danneggiata dall’evento imprevisto e imprevedibile, potrebbe legittimamente risolvere il proprio vincolo contrattuale con la società venditrice di energia senza incappare in penali o richieste di risarcimento danni. È pur vero che, tanto per una grande industria quanto per un piccolo laboratorio artigianale o per una famiglia, la prospettiva di ritrovarsi di punto in bianco senza un contratto di fornitura di energia elettrica non è particolarmente allettante.
Eppure, il rimedio giuridico prospettato potrebbe quantomeno avere l’effetto di aprire la strada a “trattative” tra società venditrice di energia e soggetto acquirente, trattative volte ad ottenere una rimodulazione delle condizioni di fornitura nel senso di una reductio ad aequitatem del rapporto economico in essere che -in un mondo ideale- tradurrebbe in realtà anche i principi solidaristici di matrice costituzionale.
Appare superfluo sottolineare come lo squilibrio in termini di forza contrattuale tra le parti in gioco possa sensibilmente attenuare l’efficacia della tutela codicistica summenzionata, ma come è inevitabile nei comparti economici lasciati in balia dell’autoregolamentazione (alias de-regolamentazione) del mercato tocca ai singoli operatori ed ai singoli consumatori provare, in qualche modo, ad autotutelarsi.
Nel frattempo l’auspicio è che, tanto su scala nazionale quanto europea, si dia immediata concretezza ad una politica energetica il più possibile “autarchica”, regolamentata ed emancipata dall’imprevedibilità e dalle bizze di multinazionali e capi di stato particolarmente bellicosi.
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