Tra fughe degli operatori integrati e crisi raffinazione. Audizione del sindacato gestori al Mise sulla Sen
di LabParlamento
Senza i necessari aggiustamenti, nel breve periodo – 3/5 anni – il Paese rischia una riduzione significativa dell’offerta ed una “desertificazione” che lascerà i consumatori senza servizi, in “balìa” di un mercato che si insedierà nelle aree ricche per lasciare affogare il servizio in quelle più disagiate, lasciando il Paese senza scorte energetiche. Questo l’avvertimento lanciato ieri dai sindacati dei gestori carburanti Faib, Fegica e Figisc nel corso di una audizione al Mise sulle linee della nuova Sen, in fase di limatura in vista della presentazione al Parlamento annunciata dal ministro, Carlo Calenda, per il 27 aprile.
Secondo il documento sindacale una Sen credibile non può prescindere dal settore petrolifero che ancora per i prossimi 2 decenni sarà tra le principali fonti di energia, e, dunque, riferimento essenziale per garantire gli approvvigionamenti energetici al Paese. In questa ottica non può non preoccupare il decadimento complessivo del settore che alla crisi della rete vendita ha sommato quella della raffinazione che ha comportato la chiusura/trasformazione di alcune raffinerie, la riduzione delle lavorazioni, l’azzeramento delle lavorazioni conto/estero.
Le Associazioni – sottolinea in merito una nota congiunta – hanno denunciato lo stallo legislativo in cui versa il comparto, con il Ddl Concorrenza bloccato da mesi al Senato, con il suo portato di riforme del settore e di mancata ristrutturazione/razionalizzazione della rete sempre più polverizzata ed in mano ad operatori improvvisati e non strutturati, con il conseguente insorgere di un’illegalità diffusa che ha trovato l’humus favorevole in un settore lasciato dallo Stato a se stesso, incapace persino di difendere il gettito fiscale complessivo, pari ad oltre 40 miliardi di euro per anno.
Per le Federazioni appare evidente che il mercato così com’è non funziona ed opera in condizioni di dumping contrattuale, sperequando le condizioni di approvvigionamento del servizio, discriminando tra operatori che rispettano le norme di settore ed altri che operano in maniera piratesca, speculando sul lavoro dei gestori e sulla rendita di posizione speculativa garantita dall’immobilismo delle istituzioni. Il tutto realizza un quadro di concorrenza sleale, con “buona pace dell’Antitrust”. Si inserisce in questo contesto la destrutturazione del comparto petrolifero in Italia: la Shell ha ceduto le sue attività; la TotalErg sta vendendo i suoi asset a nuovi operatori (fondi di private equity) e la Esso ha come obiettivo quello di lasciare il mercato italiano nel 2020. Tamoil opera fuori dal quadro normativo di settore nelle relazioni industriali.
I rappresentanti delle associazioni hanno quindi chiesto al Governo di valutare correttamente l’apporto del settore alla sicurezza energetica del Paese, considerando che oltre l’80% delle merci si muovono su gomma e con carburanti convenzionali, la stessa mobilità privata è fortemente orientata all’uso di autoveicoli con carburanti tradizionali e, in misura molto più ridotta, ecocompatibili, come Gpl e metano; solo lo 0,02% attualmente fa ricorso ad auto elettriche.