I motivi dell’intervento andrebbero cercati in alcuni “contrattempi”, parlamentari e non
Nei giorni scorsi varie testate nazionali, a partire da Repubblica che per prima ne ha dato notizia, si sono occupate della cosiddetta “circolare Boschi”, che sarebbe circolata fra i ministeri venerdì 28 aprile, suscitando – sempre secondo le fonti giornalistiche – polemiche soprattutto all’interno dell’Esecutivo.
La circolare in realtà non è a firma dell’ex ministra (che proprio in questi giorni è tornata al centro delle cronache per la vicenda della Banca Etruria), ma del Segretario Generale, Paolo Aquilanti, e afferma un principio semplice: tutto il materiale legislativo proveniente dai vari rami del governo e destinato ad esprimere forza di legge passerà dall’ufficio della Sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio, Maria Elena Boschi.
Le ricostruzioni della stampa hanno parlato di presunti diktat e proteste dei vari dicasteri, che non avrebbero digerito questa imposizione. Ma le norme e le prassi sul funzionamento del governo, e in particolare del Consiglio dei Ministri, prevedono da tempo un controllo centrale dei vari atti: d’altronde, non siamo più nella Prima Repubblica, quando ogni ministero si sentiva quasi indipendente e l’azione corale del governo era piuttosto stonata. A partire da Bettino Craxi, fino ad arrivare a Mario Monti, molti passi in avanti sono stati fatti sia per ridurre la ramificazione e moltiplicazione dei posti dell’esecutivo, sia per accentrare e coordinare maggiormente l’azione di governo.
Nel governo Renzi il ruolo di filtro fondamentale del Ministro per i Rapporti con il Parlamento era svolto proprio da Maria Elena Boschi, che con l’arrivo di Paolo Gentiloni a Palazzo Chigi ha dovuto lasciare il posto ad Anna Finocchiaro. Ma in questi mesi ci sono stati alcuni “contrattempi” e “sviste” che hanno preoccupato non poco l’ex premier.
Su tutti, la recente norma sulla legittima difesa, definita dai più “scritta male”, ma soprattutto l’errore che ha sminuito di molto i poteri di Raffaele Cantone, definito “tecnico”, inseritosi però al centro di un dibattito mai chiuso sui poteri dell’Autorità Nazionale AntiCorruzione, a detta di molti fuori dall’ordinario. Per non parlare delle numerose divergenze con i ministri Calenda (Mise) e Padoan (Mef), con il primo che ha criticato la precedente gestione sul tema dei bonus e il secondo che è arrivato addirittura a proporre uno scambio fra taglio del cuneo fiscale e aumento dell’IVA, che per Matteo Renzi è sempre stata una strada da non percorrere.
Piccole dimostrazioni, ma significative, di come sia cambiata l’aria nel governo in questi ultimi mesi, e di come forse tanti ministri abbiano sentito alleggerirsi la stretta della Presidenza del Consiglio, del Partito Democratico e della sua maggioranza interna. Non è allora forse un caso che la “circolare Boschi” sia arrivata alla vigilia delle primarie che, si sapeva, avrebbero confermato largamente la leadership di Renzi alla guida del Pd. Il filtro politico degli atti normativi subirà un cambio di passo, e il segretario in pectore ha voluto rimarcare, attraverso la personalità a lui più vicina all’interno dell’esecutivo, che il suo rientro al Nazareno non è soltanto l’inizio di una lunga campagna elettorale, ma anche il ritorno di un forte controllo dei Democratici sul lavoro dell’esecutivo.
La comunicazione del nuovo corso, insomma, non deve restare condizionata dagli errori istituzionali.