La sentenza della Corte d’Appello di Torino, che per la prima volta ha riconosciuto un nesso causale tra utilizzo prolungato del telefono mobile e danni alla salute, punta il dito contro l’imparzialità di alcuni studi scientifici
Il tumore al nervo acustico dell’orecchio destro che ha colpito Roberto Romeo è stato causato dall’uso prolungato del cellulare sul posto di lavoro. Così la Corte di Appello di Torino, il 14 gennaio scorso, motivava la conferma della sentenza del giudice di primo grado, che già nel 2017 aveva condannato l’Inail a riconoscere una rendita da malattia professionale all’ex tecnico di Telecom. Pare che Romeo abbia trascorso, per lavoro, una media di 4 ore al giorno attaccato all’apparecchio mobile dal 1995 al 2010. Facendo un rapido calcolo si stima quindi che l’esposizione è stata protratta per circa 12600 ore in un periodo di 15 anni, tralaltro in un’epoca in cui non erano diffusi strumenti che consentissero di evitare il contatto diretto con il cellulare.
Ma la sentenza, che per la prima volta riconosce un nesso causale tra l’utilizzo prolungato del telefono mobile e lo sviluppo di un tumore, ha fatto discutere parecchio perché nelle motivazioni sono riportati sospetti riguardo l’imparzialità di alcuni studi scientifici che, al contrario, sono sempre stati rassicuranti sul tema: i giudici puntano il dito contro “una parte di letteratura scientifica che esclude la cancerogenicità dell’esposizione a radiofrequenze e che – secondo le stesse motivazioni della sentenza – versa in posizione di conflitto d’interessi, peraltro non sempre dichiarato”.
L’AIRC (Fondazione per la Ricerca sul Cancro) sintetizza così gli studi condotti finora:
- Le onde a radiofrequenza non sono in grado di indurre mutazioni ma possono provocare il riscaldamento dei tessuti a diretto contatto con le apparecchiature che le emettono, come i cellulari.
- Studi sperimentali in colture cellulari e in animali di laboratorio hanno prodotto risultati discordanti. Quando hanno mostrato un nesso tra esposizione e tumori, le intensità e frequenze a cui sono stati esposti gli animali e le cellule in laboratorio sono difficilmente paragonabili a un utilizzo normale del cellulare.
- Gli studi epidemiologici non hanno finora mostrato alcun legame tra l’uso del cellulare e i tumori cerebrali, con l’eccezione del 10 per cento dei soggetti che hanno usato il telefono mobile in modo intensivo.
- Alla luce delle conoscenze attuali, i cellulari sono ritenuti dagli esperti e dalle agenzie internazionali come sicuri, con la raccomandazione però di utilizzare gli auricolari e di tenere l’apparecchio quando è inattivo lontano dal corpo.
La sentenza di qualche giorno fa rappresenta una tappa importante perché è la prima che parla di un rischio generalizzato ma, in realtà, già nel 2015 due tribunali italiani avevano riconosciuto un indennizzo a due pazienti che si sono ammalati di neurinoma del nervo acustico dopo aver usato per molti anni, in modo intensivo, cellulari di vecchia generazione. In quel caso, però, le perizie si concentravano sul caso singolo smentendo ogni ipotesi di rischio collettivo.
La riapertura della questione con l’ultima pronuncia obbliga comunque la comunità scientifica ad approfondire le ricerche e fare chiarezza sull’utilizzo di uno strumento che, ormai, è parte integrante della vita di tutti noi che, come consumatori, abbiamo il diritto di essere informati sulla sua effettiva pericolosità e sulle modalità di utilizzo migliori affinché non arrechi danno alla nostra salute.