In attesa del 4 dicembre, schermaglie tra Berlusconi e Salvini sul futuro dei conservatori
Contestualmente alle dinamiche della campagna referendaria (entrata nei suoi 20 giorni finali), la scena politica italiana è stata caratterizzata negli ultimi giorni da nuove tensioni interne al centrodestra.
Dopo la caduta della Giunta leghista di Padova causata dalle dimissioni dei Consiglieri comunali di Forza Italia, la manifestazione antigovernativa organizzata sabato scorso a Firenze dalla coppia Matteo Salvini–Giorgia Meloni e la fresca “sconfessione” di Stefano Parisi da parte di Silvio Berlusconi (che in estate aveva affidato all’ex candidato sindaco di Milano il compito di riunire i moderati), sembra essersi manifestata in modo definitivo la spaccatura tra Lega Nord e Fratelli d’Italia da un lato e FI dall’altro riguardo le future strategie del campo conservatore. Al momento, non sembrano esserci certezze neanche su quelle che saranno le mosse dei leader della coalizione a partire dal 5 dicembre: Salvini e Meloni hanno già chiarito che con una vittoria del “No” si dovrà andare in tempi brevi a nuove elezioni, in occasione delle quali il centrodestra dovrebbe trasformarsi in un polo “sovranista” ispirato ai programmi di Marine Le Pen e Donald Trump, mentre Berlusconi sembrerebbe orientato a mantenere il profilo “liberale” della coalizione e a far pesare i 50 deputati e 42 senatori di Forza Italia in caso si concretizzasse la prospettiva di un Governo di scopo per portare a compimento la Legislatura.
A ben vedere, la gran parte delle responsabilità per le condizioni di precarietà in cui versa da mesi il campo moderato va attribuita all’atteggiamento ondivago del Cavaliere, che allo stato attuale pare preoccuparsi unicamente di tenere unite forze politiche che divise non avrebbero alcuna possibilità di vittoria alle elezioni. In questa logica, risulterebbe infatti comprensibile l’avversione che Berlusconi dimostra sia per l’ipotesi di un centrodestra egemonizzato dalla Lega che per una coalizione priva dei leghisti, per non parlare dello scarso entusiasmo con cui il Cavaliere ha fin qui sostenuto il “No” al referendum, come se la prospettiva di una vittoria del “Sì” non sia così nefasta (non è passata inosservata la sua ultima definizione di Matteo Renzi come “unico leader politico del momento”).
Quali che siano gli sviluppi delle dispute fin qui accennate, a oggi appare improbabile il ritorno a un centrodestra allargato per le prossime elezioni Politiche, con il rischio per i conservatori di recitare il ruolo di meri spettatori di un duello (ancor più in caso di ballottaggio elettorale) tra Partito Democratico e Movimento 5 Stelle.