La sconfitta del Front National indebolisce la linea lepenista di Salvini. Berlusconi sembra tornare di nuovo protagonista
Com’era prevedibile, l’esito del ballottaggio delle Presidenziali francesi ha innescato negli ultimi dieci giorni molti ragionamenti sugli effetti che il voto d’Oltralpe potrebbe avere sulla scena politica italiana, sia in termini di replicabilità del “modello Macron” che di rottura delle attuali dinamiche di schieramento. Tra tutti i parallelismi tra Francia e Italia fin qui compiuti, particolare attenzione meritano le possibili conseguenze della sconfitta di Marine Le Pen sull’assetto del centrodestra per le prossime elezioni Politiche, a prescindere da quando si terranno.
Nei mesi scorsi avevamo fatto riferimento alla necessità, per il campo conservatore, di ritrovare l’unità tra la componente moderata e l’ala sovranista per poter contendere al Partito Democratico e al Movimento 5 Stelle la vittoria nelle urne. Tuttavia, se già prima delle votazioni transalpine la formazione di un “listone unico” tra Forza Italia, Lega Nord, Fratelli d’Italia e altre forze di centrodestra sembrava uno scenario alquanto improbabile, dopo la battuta d’arresto subita dal Front National la situazione si è ulteriormente complicata. Da un lato, infatti, Silvio Berlusconi ritiene che lo scarno risultato ottenuto da Le Pen sia la prova che “di sola destra non si vince” e che in Italia una coalizione egemonizzata da Lega Nord e Fdi sarebbe condannata alla sconfitta, mentre Matteo Salvini considera elevato il numero di consensi ottenuti dai populisti francesi (circa 11 milioni), e continua a sollecitare l’ex premier affinché scelga se stare dalla sua parte o al fianco dei centristi di Angelino Alfano.
All’interno della struttura leghista, tuttavia, per la prima volta hanno iniziato a emergere delle voci critiche nei confronti della svolta nazionalista voluta da Salvini. Nonostante sia stato confermato segretario (con oltre l’80% dei voti dei militanti) del partito nelle primarie del 4 maggio, l’europarlamentare si trova a dover fare i conti con l’ala sostenitrice di un ritorno alla “questione padana” e di un ripristino di un’alleanza utilitarista con Berlusconi. Il riferimento di questa Lega delle origini è senza dubbio l’ex leader Umberto Bossi, che per quanto privo del consenso di un tempo starebbe addirittura pensando alla scissione per ripartire con un nuovo movimento nel lombardo-veneto. A testimonianza del momento delicato per la formazione vanno registrate anche le recenti affermazioni del presidente della Lombardia Roberto Maroni, che pur riconoscendo la leadership di Matteo Salvini ha tuttavia definito esaurita la fase lepenista.
In un Paese tradizionalmente moderato come l’Italia, per quanto scosso dagli effetti delle crisi economico-sociali degli ultimi anni, appare poco plausibile pensare di poter conquistare Palazzo Chigi ricorrendo a programmi e toni eccessivamente populisti. In quest’ottica, non è un caso che si stia iniziando ad assistere a un ritorno di Silvio Berlusconi nelle vesti di deus ex machina del centrodestra; anche in assenza di una sentenza che lo renda di nuovo candidabile, l’ex Cavaliere può vantare un’esperienza da uomo di governo tale da consentirgli, potenzialmente, di presentarsi come garante della stabilità in vista della futura campagna elettorale, che si annuncia già da ora senza esclusione di colpi. Anche i sondaggi, dal canto loro, continuano a indicare che uno schieramento conservatore unito batterebbe sia Pd che M5S..