Fassino ha cominciato il giro di incontri per la nuova coalizione. Ma restano gli interrogativi. Uno su tutti
di S.D.C.
Piero Fassino, l’“esploratore” (come già viene chiamato nei corridoi parlamentari), si è visto con i presidenti di Senato e Camera, Pietro Grasso e Laura Boldrini, e ha inaugurato la missione che gli è stata assegnata dalla Direzione Pd di lunedì per costruire un’ampia coalizione del centrosinistra in vista delle prossime elezioni. Nell’agenda Campo progressista, Articolo 1-Mdp, Possibile, Sinistra italiana, Radicali italiani, Verdi, Italia dei valori, Socialisti. “E’ un primo giro di colloqui che avranno carattere istruttorio per valutare insieme ai miei interlocutori come proseguire un confronto che possa portare alla costruzione di un centrosinistra inclusivo e largo. Naturalmente gestirò gli incontri in contatto quotidiano con la segreteria, il coordinatore Guerini e con gli altri dirigenti e le minoranze del Partito democratico” spiega l’ex segretario dei Ds.
Di fatto, questo di Fassino è probabilmente l’ultimo tentativo prima che la diaspora si compia ed il centrosinistra si consegni, nella pratica, alla vittoria del centrodestra (al momento assai più probabile di quella del M5S). E che si sia arrivati alla conta finale lo dimostra anche il fatto che, a Bologna, a margine di una manifestazione organizzata da Oscar Farinetti, ci sia stato un pranzo tra il vice segretario del Pd Maurizio Martina, il ministro per i Beni Culturali Dario Franceschini e l’ex premier Romano Prodi. Ma, al di là delle cronache, come stanno davvero le cose?
La Direzione del Pd è servita a rimettere in movimento una situazione bloccata. In primo luogo, mostrando all’esterno disponibilità al dialogo e in secondo luogo ricompattando il partito. La scelta di Fassino (Guerini per il dialogo con le forze di centro disposte a coalizzarsi) – in questa fase vicino a Renzi ma non troppo e comunque figura di spessore per storia e integrità morale – costituisce d’altra parte una scelta abbastanza tranquillizzante per un’operazione che, nondimeno, resta tutta in salita.
Sul tavolo, il mediatore metterà per intanto i temi che possono avvicinare, come i diritti civili, a cominciare dal varo dello ius soli e del biotestamento. Poi quelli di tre materie centrali come lavoro, investimenti pubblici e ambiente e sviluppo sostenibile. Per esempio, l’impegno già dichiarato del Pd “a stabilizzare i lavori a tempo indeterminato partendo dai contratti oggi a tempo determinato”, come ha detto esplicitamente Fassino, sembra mostrare la volontà di flessibilizzare quel Jobs Act che Renzi considera tuttora come un asse portante della strategia complessiva del Pd, senza costringere ad “abiure” di sorta, come del resto chiaramente avvertito dallo stesso segretario lunedì scorso.
Ma detto questo è inutile far finta di non vedere come, dall’altra parte, i segnali che arrivano dal variegato mondo della “sinistra” siano poco invitanti alla trattativa laddove ostili e comunque assai confusi. Per esempio, il protagonismo di Grasso e Boldrini sembra un poco discutibile sotto il profilo istituzionale e finora improduttivo sotto quello strettamente politico. A sua volta, la rottura del cosiddetto gruppo del Brancaccio (Tomaso Montanari e Anna Falcone) dal resto della sinistra è la concretizzazione dell’ennesima mini-scissione senza risultato alcuno se non quello di “cespugliare” ancor di più un già risibile panorama di “cespugli” destinati a predicare nel deserto. Campo Progressista resta dialogante (però diviso al suo interno) mentre, fatto certamente assai più importante, le frasi utilizzate dagli scissionisti proseguono nel tentativo di vedere la trattativa come una sorta di resa dei conti con Renzi piuttosto che un’opportunità per ottenere pratiche revisioni, quantomeno parziali, delle politiche governative. Nella logica, naturalmente, della mediazione.
Insomma e per concludere, aleggia su tutta l’“esplorazione” il forte dubbio, centrale, che tutto alla fine si risolverà nel gioco del bastoncino più corto che resta nelle mani del giocatore perdente. O cerino acceso che dir si voglia. Chi si tirerà indietro per primo? Fassino, da politico navigato, conosce bene il gioco. E, ne siamo sicuri, ce la metterà tutta per non scottarsi. Ma sa che c’è poco tempo davanti perché il fuoco è già acceso.