Via libera dalla Commissione Esteri del Senato ma l’approvazione sembra ancora lontana. La protesta di ambientalisti e agricoltori
Ci sono voluti otto anni di negoziati prima che il CETA (Comprehensive Economic and Trade Agreement), il trattato di “libero” scambio tra il Canada e l’Unione europea, approdasse in Parlamento per una ratifica che si preannuncia tutta in salita. Dopo il via libera della Commissione Esteri del Senato, il trattato, firmato in sede europea il 30 ottobre 2016, dovrà ora passare per il voto in aula di Palazzo Madama, previsto per il prossimo 25 luglio, ed entrerà in vigore solo una volta ratificato da tutti e 27 i Parlamenti nazionali dei Paesi membri.
Con 408 voti a favore, 254 voti contrari e 33 astensioni, il documento ha infatti già conquistato, lo scorso 15 febbraio, il via libera del Parlamento europeo ma trattandosi di un accordo “misto”, se venisse bocciato anche da un solo Parlamento nazionale o regionale dell’UE, la sua applicazione definitiva non sarebbe più possibile e il trattato non entrerebbe quindi in vigore.
Solo alcuni capitoli dell’accordo sono infatti di competenza comunitaria e risultano pertanto già entrati in vigore, in via provvisoria, a seguito all’ok di Bruxelles. Tra questi troviamo l’abbassamento dei dazi tariffari tra le parti, la possibilità per le imprese europee e canadesi di partecipare alle rispettive gare di appalto pubbliche, il riconoscimento reciproco di alcune professioni, come architetto, ingegnere e commercialista, una maggiore apertura per le esportazioni europee di prodotti alimentari e bevande.
Ma il lungo iter procedurale che si prospetta per l’approvazione dell’acccordo, non rappresenta di certo l’unico scoglio da superare: davanti a Montecitorio si è alternata in questi giorni la protesta di ambientalisti e agricoltori che hanno denunciato come la firma comporti seri rischi per la concorrenza e la tutela del “Made in Italy”.
Nel mirino dei NO-CETA sono finite in particolare la questione delle denominazioni italiane DOP e IGP– il famoso “Parmesancheese” a rischio falsificazione, le clausole di risoluzione delle controversie tra investitori e Stato, oltre al temuto ingresso di alimenti contenenti OGM nel nostro Paese.
Nonostante le contestazioni, il Governo non sembra però intenzionato a fare marcia indietro su un provvedimento di cui ha voluto con forza una rapida calendarizzazione in Parlamento.
D’altra parte, che il Governo puntasse ad una veloce e positiva conclusione dell’iter di approvazione del CETA si era intuito dalla recente visita del primo ministro canadese, Trudeau, al quale il Presidente del Consiglio, Gentiloni, nel corso di una conferenza stampa, aveva pubblicamente confidato di sperare in un rapido via libera alla ratifica. Il ministro allo Sviluppo economico, Calenda, ha inoltre di recente definito il CETA come “il migliore accordo concluso dall’Unione europea“, prospettando addirittura “la fine della politica commerciale dell’Ue”, in caso di una sua bocciatura.
L’Unione europea rappresenta, allo stato attuale, il secondo partner commerciale del Canada per beni e servizi: basti pensare che nel 2015 sono state importate merci per un valore di 28,3 miliardi di euro ed esportate dall’UE al Canada merci per 35,2 miliardi di euro, una cifra che si prevede sarà aumentata di oltre il 20% una volta che l’accordo sarà pienamente operativo.
Nonostante l’aumento delle esportazioni, secondo quanto stimato dalla stessa Commissione europea, la crescita economica che si prospetta nel lungo periodo in Europa si attesterebbe però solo tra tra lo 0,02 e lo 0,03%.
Eppure l’Italia è ad oggi il primo Paese dell’UE a portare in aula la ratifica dell’accordo, mentre altri, come la Francia, hanno già sollevato ricorso di costituzionalità.