Di Angelo Gardella*
La crisi del momento è talmente profonda e lacerante che è paragonabile alle conseguenze di una guerra. Ma questa volta le guerre sono due: una economica in atto da anni che il Paese ha clamorosamente perso e quella pandemica che ha dato il colpo di grazia.
Non siamo disfattisti e neppure incorreggibili contestatori politici ma basta guardarsi intorno per realizzare che c’è ben poco da stare allegri, la storia recente è sotto gli occhi di tutti e gli effetti li viviamo quotidianamente sulla nostra pelle.
E non vale neppure la pena soffermarsi troppo a giudicare le politiche assurde che hanno ingessato il Paese, le conosciamo, per citarne alcune, un fisco folle, la burocrazia asfissiante, un sistema giudiziario indecoroso, il delirio normativistico così definito dall’illustre prof. Cacciari, e potremmo proseguire all’infinito.
Ciò che monta la rabbia è che si è arrivati a tanto nonostante l’Italia sia una miniera di risorse invidiate dal mondo intero. Forse, e anche senza forse, uno dei Paesi più ricchi del mondo. Solo con il turismo saremmo in grado di rimpinguare le nostre casse: posizione strategica al centro del mediterraneo, 7.500 km di coste balneabili con scenari mozzafiato, di cui in gran parte, e parlo del meridione, fruibili 10 mesi l’anno.
Basterebbe strutturare le spiagge, isole comprese, al pari dei 100 chilometri della riviera romagnola e il gioco è fatto, non avremmo concorrenti. E invece siamo talmente masochisti che non solo non riusciamo a valorizzare le nostre risorse, ma addirittura facciamo di tutto per svilirle, basta vedere come ci siamo fatti abbindolare con la famigerata direttiva Bolkestein. Ma non basta, abbiamo le montagne tra le più belle del mondo accessibili in inverno e in estate, gli appennini dalla Liguria alla Sicilia con panorami e agriturismi da sogno, l’arte culinaria più apprezzata al mondo, i vini, i prodotti caratteristici delle regioni, i fantastici borghi medievali che sono vere e proprie pagine di storia. Vantiamo la gran parte del patrimonio storico, monumentale, architettonico, artistico esistente al mondo.
Ma c’è dell’altro. Siamo, nonostante tutto, tra le prime manifatture d’Europa, abbiamo produzioni agricole e artigianali di pregio, aziende e settori che hanno fatto la storia come l’auto e la moda. Senza parlare della medicina, della cantieristica, dell’italianità e del made in Italy, il brand più blasonato e copiato al mondo.
Bisogna rendersi conto che il Paese è stato ed è tutt’ora ostaggio di classi dirigenti inadeguate, incapaci di tutelare i nostri interessi al punto da sconfinare nell’estremo masochismo è perfino banale.
Non paghi di tutto quello che è successo anche in questi giorni ci viene imposto l’ennesimo spettacolo indecoroso della politica mentre migliaia di aziende chiudono, i lavoratori perdono il posto di lavoro, e le famiglie finiscono sul lastrico. E’ troppo.
Il popolo italiano non può più permettersi di tollerare questo stato di cose, chi resta indifferente è complice. Il Paese ha le risorse per ritornare agli antichi splendori e ora è indifferibile tirare fuori il coraggio di cambiare un sistema imploso su se stesso per la tutela e la valorizzazione delle nostre risorse fino alla visione di un sistema economico più umanistico che privilegi le persone a scapito delle speculazioni.
*Coordinatore Centro Studi Associazione Partite Iva Insieme per Cambiare