Richiesta maggiore flessibilità dal Governo. Apparente chiusura della Commissione europea su ogni ipotesi di revisione della governance economica
Si è riacceso, in questi ultimi giorni, un acceso dibattito sull’esigenza di una riforma del Patto di Stabilità, ipotesi questa che è tornata alla ribalta in concomitanza con il rinnovo delle principali istituzioni dell’Unione europea e, in particolare, dopo che le più alte cariche dello Stato si sono pubblicamente espresse in favore della necessità, per i prossimi anni, di una revisione delle regole alla base del sistema di governance europea.
Il primo a toccare il delicato tema è stato niente meno che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che, in un messaggio ufficiale inviato al forum Ambrosetti a Cernobbio ha indicato alcune linee guida per una “nuova Europa, più coesa”, auspicando, in tal senso, una modifica del patto di Stabilità alla luce di maggiori investimenti in settori-chiave per il nostro Paese, quali le infrastrutture, l’innovazione, la ricerca e l’educazione. All’auspicata ipotesi di una riforma delle regole di bilancio, il Capo dello Stato ha affiancato quale priorità della nuova stagione politica comunitaria la revisione della fiscalità europea improntata ad eliminare forme di distorsione concorrenziale e che affronti il tema della tassazione delle grandi imprese multinazionali, per un sistema più equo e corretto tra gli Stati membri.
Sulla stessa linea si è pronunciato anche il Presidente del Consiglio che, in occasione delle sue comunicazioni per il voto di fiducia del Parlamento, ha elencato, tra le priorità politiche del nuovo Governo, la necessità di migliorare il Patto di stabilità e di crescita e in particolare la sua applicazione, con l’obiettivo di semplificarne le regole, evitare effetti pro-ciclici e sostenere gli investimenti, a partire da quelli legati alla sostenibilità ambientale e sociale.
Non sembra invece d’accordo con le posizioni assunte dai vertici italiani la neo-eletta presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen che, nel corso della conferenza stampa di presentazione della nuova squadra dell’Esecutivo comunitario, ha evidenziato “l’ampio consenso” di cui godrebbe oggi il Patto di Stabilità, anche grazie a regole e limiti definiti flessibili e chiari.
L’ex ministra della difesa tedesca ha altresì chiarito che spetterà al nuovo commissario incaricato per gli Affari Economici Paolo Gentiloni assicurare la corretta applicazione del Patto di stabilità, “utilizzando appieno la flessibilità permessa all’interno delle regole”, salvaguardando nel contempo “la responsabilità nella gestione dei bilanci”. La von der Leyen ha richiamato al senso di responsabilità nell’applicazione delle regole comunitarie anche il nuovo ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, affermando che il rispetto del Patto di Stabilità, “nel quadro delle regole concordate” è condizione necessaria per una giusta convivenza degli Stati membri in Europa.
A dire il vero, una certa flessibilità ai vincoli europei è stata accordata ai Paesi membri con la Comunicazione approvata nel gennaio 2015 dalla Commissione Juncker ma rimangono ancora forti criticità nell’applicazione dei target di bilancio dettati dai Trattati, soprattutto per i Paesi, come l’Italia, con elevati tassi di debito e deficit pubblico.
Il Patto di Stabilità, assieme al Fiscal compact, contiene infatti le regole europee sulla disciplina fiscale e di bilancio (tra cui i target del debito al 60% del Pil e del deficit al 3% del Pil) cui devono conformarsi i Paesi membri dell’Ue: una revisione del suo impianto – a più riprese modificato con l’aggiunta di nuovi criteri più stringenti – richiederebbe una modifica dei Trattati istitutivi dell’Unione economica e monetaria.
Se una modifica dei Trattati appare, quanto meno nell’immediato della nuova legislatura europea, una eventualità poco probabile, considerate, oltre alla richiesta di unanimità, anche l’apparente chiusura della nuova Presidente della Commissione e la costante opposizione del blocco dei Paesi del nord Europa, il ripensamento degli attuali vincoli di bilancio europei dovrebbe necessariamente ripartire da un confronto tra i Paesi membri, anche a regole invariate.
Per avviare tale processo, i prossimi Consigli europei – già a partire da quello previsto per il 17 e 18 ottobre, dovrebbero inserire nell’agenda dei lavori dei Capi di Stato e di Governo Ue la necessaria semplificazione delle regole, inaugurando un dibattito costruttivo a partire dallo scorporo degli investimenti pubblici dal calcolo del deficit, ipotesi sostenuta dallo stesso premier Conte e solo accennata nelle linee di indirizzo del nuovo Governo, dove si fa riferimento alla necessità di nuove regole orientate anche alla crescita non solo alla stabilità.
Allo stesso tempo, si potrebbe percorrere la via già inaugurata con la Comunicazione sulla flessibilità, attraverso un ulteriore rafforzamento dei meccanismi di riconoscimento di un certo grado di “tolleranza”, a fronte dell’assunzione di precisi impegni da parte degli Stati membri, sul versante delle riforme strutturali e degli investimenti.
D’altra parte – nonostante i toni minacciosi da parte di Bruxelles – una procedura d’infrazione per il mancato rispetto della regola del debito non è mai stata avviata, preferendo la via del dialogo costruttivo ad uno scontro diretto con i Governi degli Stati membri e mettendo talvolta da parte la correzione di conti pubblici a favore di un’Europa più solidale.