Con tutti i se e i ma che possono esserci sull’affidabilità dei tamponi, facendo tranquillamente la tara da ogni possibile percentuale di errore, mi chiedo e vi chiedo: è comunque più probabile che risulti contagiosa una persona che faccia continui controlli quotidiani sul suo stato di salute e di contagiosità, o chi non ne faccia da mesi, pur essendo vaccinato? Ovviamente è statisticamente vera la seconda ipotesi: le probabilità sono più alte in chi non fa test periodici.
Dunque, in base a questa elementare osservazione, se l’originario green pass, rispetto alla sua introduzione, manteneva la foglia di fico di una sua giustificazione sanitaria – permettendo la libera circolazione sia dei vaccinati, sia di chi avesse verificato da poco il proprio stato di salute, considerando entrambi “potenzialmente poco contagiosi” – non si può dire lo stesso per il nuovo “super green pass”, che lascia libero di circolare ovunque anche chi non fa test e tamponi da mesi, anche se positivo, purché vaccinato, mentre blocca chi li ha fatti da qualche minuto, anche se risulta negativo.
Così per come è concepita e applicata, la misura del super green pass, non è dunque, né probabilmente vuole essere, una misura di contenimento della pandemia. Il che non significa che non possa essere una misura per alcuni aspetti condivisibile – perlomeno vedendo le cose da un certo punto di vista – a patto di non dichiarare, in modo assai poco verosimile, che la sua applicazione nasca da oggettive necessità sanitarie.
D’altronde, una volta verificato che la maggior parte della popolazione – e la quasi totalità dell’informazione – come risulta da diversi sondaggi, nutre comunque fiducia nelle scelte governative, le nuove disposizioni emergenziali hanno oggi sempre meno bisogno di mantenere una giustificazione medica, se non per forma, e possono palesarsi sempre di più come interventi di contenimento sociale.
Su un piano sanitario, poiché tutte le ricerche mediche concordano nell’affermare che, al momento, nessuno dei vaccini sinora in circolazione impedisce al vaccinato di poter contrarre il virus – sebbene lo si contragga in forma più lieve rispetto ai non vaccinati – né di essere contagioso per gli altri, non esiste alcuna logica medica per la quale sia utile permettere ai vaccinati possessori di green pass di sedere al ristorante senza mascherina, mentre ai non vaccinati sani e negativi ai controlli, si impedisce l’accesso a qualunque luogo al chiuso.
A proposito dell’introduzione del green pass, ci fu chi, come il professore Andrea Crisanti, parlò di una misura addirittura controproducente sul piano sanitario – poiché induce un falso senso di sicurezza e di immunità nei possessori di quel lasciapassare, che provoca meno attenzione rispetto alle misure di prevenzione come il distanziamento e l’uso delle mascherine – sebbene utile su un piano complessivo, poiché atta a stimolare la scelta di vaccinarsi in chi finora non lo avesse ancora fatto.
In assenza di obbligo vaccinale per tutti e di assunzione di responsabilità da parte dello Stato, le misure sempre più stringenti, che il passaggio dal green pass “semplice” al cosiddetto “super” green pass mettono ora in atto, stanno però trasformando quello che inizialmente poteva essere un efficace stimolo alla vaccinazione, in una sorta di “proposta che non si può rifiutare”, così come la avrebbe forse definita Don Vito Corleone, il boss mafioso del film “Il Padrino”, interpretato da Marlon Brando.
“O ti vaccini o sei fuori dalla società” paiono dire le nuove norme, anche se il vaccino continua ad essere, formalmente, una scelta libera e spontanea. Questo stile di “convincimento” – con alcuni aspetti che qualcuno ha definito al limite del ricatto – presenta sempre più apertamente delle potenziali analogie con un modo operativo non troppo “politicamente corretto” e non proprio “da manuale” per uno stato di diritto.
Al di là dei presunti dubbi di costituzionalità di alcune delle nuove norme – dubbi sollevati da alcuni esperti e da alcune forze politiche – quello che qui mi preme sottolineare non sono però gli aspetti legali, giuridici, della questione, che lascio agli esperti della materia, ma il forte cambio di paradigma culturale che l’introduzione del super green pass sta provocando, indipendentemente dalla sua efficacia sociale e anti-pandemica.
Per usare un linguaggio medico, quali sono i suoi possibili – e in qualche caso certi – “effetti collaterali”? Come per ogni “cura” e ogni “medicina”, ce ne sono diversi. Alcuni sembrano piuttosto evidenti. Ne elenco in breve i principali.
LA PRESUNZIONE DI COLPEVOLEZZA. Innanzi tutto – quasi come nel futuro distopico presentato nel film “Minority Report” – viene totalmente ribaltata la cosiddetta “presunzione d’innocenza” presente nel nostro ordinamento. Persino il più efferato dei serial killer, fino a che non vengano prodotte delle prove a suo carico ed emessa una sentenza definitiva contro di lui, viene per legge tutelato e considerato innocente. Invece, nel caso del super green pass, chi non ne è provvisto è – a priori – considerato un potenziale untore, dunque “colpevole”, anche se in possesso di test che ne attestino la non contagiosità.
LA CONDANNA IN ASSENZA DI REATO. Questo “colpevole” – con la giustificazione dello stato di emergenza – viene dunque condannato a non poter godere del diritto costituzionale di libero spostamento e di libero accesso ai luoghi pubblici. Il problema è però: colpevole sì, ma di cosa, dato che non esiste al momento – tranne per poche e specifiche categorie – una legge sull’obbligatorietà del vaccino anti covid? Quindi la “condanna” avviene in totale assenza di alcun reato. Questo è forse uno dei maggiori cambi di paradigma delle nuove norme.
DAI DIRITTI INALIENABILI ALLE CONCESSIONI TEMPORANEE. Un altro importante cambio di paradigma è nel fatto che quelli che venivano considerati diritti inalienabili garantiti sine die dalla Carta costituzionale si sono trasformati – e questo anche per i possessori di super green pass – in concessioni temporanee e a scadenza – la data di scadenza è quella del green pass stesso – che quindi possono, in qualunque momento, essere revocati dal governo, con la giustificazione dello stato di emergenza.
DALLO STATO DI EMERGENZA ALL’EMERGENZA PERENNE. L’attuale stato di emergenza, tra l’altro, in teoria scadrebbe il 31 dicembre del 2021. Nonostante ciò, le norme sul super green pass sono state dichiarate in vigore fino a gennaio 2022 inoltrato, a dimostrazione del fatto che, perlomeno nelle intenzioni governative, questo stato di emergenza potrebbe non essere più così “provvisorio” ed “emergenziale” come suggerirebbe il suo stesso nome e come la costituzione italiana imporrebbe.
I PIENI POTERI. In conclusione, mi pare ci siano motivi sufficienti per essere abbastanza allarmati dalla piega che stanno dando al paese e alla sua tenuta democratica queste nuove norme. Due anni fa, fu sufficiente una improvvida richiesta di “pieni poteri”, da parte dell’allora ministro degli interni, per scatenare una giusta preoccupazione nel paese, in nome delle regole democratiche.
Oggi invece – quando questi pieni poteri non sono più nelle parole di un politico, bensì negli atti di un governo – con un parlamento spesso esautorato nelle sue funzioni e un continuo ripetersi di norme “eccezionali”, gli anticorpi democratici non pare stiano funzionando a dovere. Non da parte dell’informazione. Non da parte delle forze parlamentari, neanche quelle di opposizione, se non in modo molto flebile.
Forse, oltre che per contrastare ogni variante del Covid 19, ciò che occorrerebbe quindi con urgenza al paese – e con più e più richiami, con terze, quarte e quinte dosi – ma che al momento pare mancare, sarebbe anche un “vaccino” per contrastare ogni sorta di virus antidemocratico, un virus che se non fermato in tempo rischia di indebolire, in modo irreversibile, la forma di convivenza sociale e civile conosciuta dall’Italia negli ultimi settantacinque anni.