L’intesa tra Movimento e Carroccio punta su investimenti nelle aree portuali, trasporto merci su ferro e rilancio di Alitalia. Ma i programmi elettorali promettevano ben di più…
Nell’attesa che si sciolgano in via definitiva i nodi sul premier e sui ministri del Governo M5S-Lega in rampa di lancio (Sergio Mattarella è in fase di riflessione dopo aver ricevuto da Di Maio e Salvini l’indicazione di Giuseppe Conte per Palazzo Chigi), appare interessante continuare l’approfondimento dei punti del Contratto chiuso dai dirigenti dei due partiti e ratificato da entrambe le basi. Dopo essersi soffermati sui temi legati a energia, ambiente e mobilità sostenibile, è il momento di passare in rassegna quanto previsto dal documento in ambito di infrastrutture, trasporti e tlc.
Il capitolo 27 dell’accordo tra pentastellati e leghisti, una volta delineati gli obiettivi di incentivare l’acquisto di veicoli ibridi o elettrici e di rafforzare la rete di ricarica delle vetture, si concentra in primis sul sistema portuale italiano e sulle caratteristiche del trasporto di beni nel Paese. In concreto, nel testo si parte dalla rivendicazione della collocazione strategica dell’Italia come snodo per gli scambi tra Oriente ed Europa per fissare il target di “investire risorse adeguate per attrezzare i nostri porti con aree retro portuali capaci di garantire lo sdoganamento delle merci in loco”, nonché facilitare il loro trasporto finale. Inoltre, ai principali scali del Paese deve essere riconosciuto “lo status di porti gateway (aree di sdoganamento merci) e non di porti transhipment (di solo passaggio tra una nave e l’altra)”, condizione che a parere di Movimento 5 Stelle e Carroccio è stata pregiudicata dal riordino delle Autorità portuali attuato dall’Esecutivo di Paolo Gentiloni.
Sul fronte della logistica, il ‘Contratto per il Governo del cambiamento’ ritiene cruciale “un’adeguata rete di trasporto ad alta capacità” per far sì che all’Italia sia riconosciuta la leadership nell’area dell’Europa mediterranea. In quest’ottica, M5S e Lega puntano a “favorire lo switch intermodale da gomma e ferro”, proposito obiettivamente condivisibile data l’eccessiva presenza di Tir su strade e autostrade, ma che cozza con quanto si afferma poche righe dopo in merito alla Linea ferroviaria Torino-Lione. Al di là del significato della formula “ci impegniamo a ridiscuterne integralmente il progetto nell’applicazione dell’accordo tra Italia e Francia”, frutto di un compromesso in extremis tra il desiderio grillino di mettere fine ai lavori e le posizioni leghiste storicamente non ostili alle grandi opere, una delle principali finalità della Tav italo-francese è proprio quella di ridurre la presenza di camion merci nei tunnel alpini.
Nel documento trova spazio anche il delicato capitolo dei treni regionali, che nelle intenzioni dei firmatari dovranno “rivestire nuovamente il ruolo di principale sistema di trasporto ad alta densità”, in modo da offrire una soluzione sostenibile per tratte di media e lunga percorrenza e alleviare il traffico quotidiano dei pendolari.
In chiusura vengono dedicate alcune righe ai dossier Alitalia e Rai, laddove nel primo caso si parla di un rilancio “nell’ambito di un Piano strategico nazionale dei trasporti che non può prescindere dalla presenza di un vettore nazionale competitivo”, mentre per il servizio radiotelevisivo si immagina una gestione improntata “alla maggiore trasparenza, all’eliminazione della lottizzazione politica e alla promozione della meritocrazia”.
Come già osservato sul fronte energetico-ambientale, tuttavia, anche in questo caso il programma dei legastellati non va oltre l’elenco di soluzioni astratte e non dettagliate a problemi e realtà molto concreti, senza indicare in alcun caso tempi, costi e coperture degli interventi immaginati. Data questa indeterminatezza di fondo del Contratto, viene spontaneo notare come nella versione definitiva dell’intesa non risultino presenti alcune delle principali proposte su infrastrutture e tecnologie che avevano invece trovato posto, in campagna elettorale, tanto nei “20 punti per la qualità della vita degli italiani“ del Movimento 5 Stelle quanto nel manifesto “La rivoluzione del buonsenso” elaborato dal Carroccio.
Procedendo in ordine sparso, non si hanno evidenze dell’idea di ‘Smart nation’ lanciata dai grillini, che avrebbe dovuto portare con sé “investimenti in nuova tecnologia e Internet delle cose” (nel documento attuale ci si limita a prevedere l’accesso gratuito al Web per ogni cittadino), così come dei 50 miliardi di euro di “investimenti produttivi” da realizzare in settori come innovazione, banda ultra larga e mobilità elettrica. Sul fronte della Lega, il programma pre 4 marzo parlava di “concludere entro 5 anni la copertura di almeno l’80% del territorio con collegamenti ad Alta Velocità”, “sostenere le Regioni che hanno avviato un tentativo di liberalizzazione del trasporto ferroviario regionale” (prevedendo un contributo di Antitrust e Autorità dei Trasporti all’apertura del mercato) e, sul versante delle telecomunicazioni, sostituire Agcom, Agid e Commissario per il digitale e l’innovazione con un’unica Autorità delle Comunicazioni.
Posizioni, che nella loro totalità non sono sopravvissute alla settimana di negoziati tra gli esperti delle due formazioni, portando a un patto pressoché limitato al minimo sindacale.