Avete messo un like alle foto delle vacanze dei nostri amici? Avete contribuito ad avvelenare il mondo. Avete scaricato un’App dal vostro smartphone? Un piccolo gesto che però è costato al pianeta un po’ di CO2 in più. Se poi avete deciso di comprare dei bitcoin la frittata è fatta: commerciare in moneta elettronica sul web produce, ogni anno, circa ventitré milioni di tonnellate di anidride carbonica.
Si presenta come uno strumento pulito, innocuo, invece la rete produce notevoli impatti sull’ambiente. Non si vede e non si sente, non essendoci ciminiere o marmitte in bella vista, ma solo mouse, tastiere e piccoli schermi tascabili. Ma anche quando navighiamo, salviamo documenti sul cloud o semplicemente, in attesa del bus, scorriamo la nostra bacheca sui social, stiamo inquinando il mondo.
Greta Thumberg (che solo la recente pandemia ne ha assopito battaglie e clamore) non lo dirà, ma ogni cosa che accade in rete finisce sul web proprio grazie ad un sistema di trasmissione (tipicamente antenne) alimentato per mezzo della corrente elettrica o attraverso le fibre ottiche, cosa che naturalmente richiede energia. E l’energia va prodotta attraverso un processo che – il più delle volte – crea emissioni di carbonio, incidendo in tal modo anche sul cambiamento climatico, oltre che sulla qualità dell’aria.
Questi e altri scenari sono contenuti in uno studio della Royal Society di fine 2020. Secondo tale rapporto, le tecnologie digitali inquinano fino a tre volte tanto tutto il traffico aereo mondiale (tra l’1,4% e il 5,9% del totale, contro il 2%).
Sotto la lente di ingrandimento i microcomportamenti giornalieri di ogni utente di Internet, piccoli gesti ormai entrati ormai nell’uso comune: scrivere un post, inviare una mail, vedere un film in streaming: Apple, Amazon, Facebook, Instagram, Netflix e Google, in un anno, consumano qualcosa come 49,7 Milioni di MWh, ovvero l’intero consumo di paesi come la Romania. Senza poi dimenticare le enormi quantità energetiche richieste dai data center, alla base del funzionamento del web.
Le unità di grandezza variano, naturalmente, dall’attività svolta; è così che, l’invio di una semplice mail, “pesa” in termini di impronta di carbonio dai 4 ai 50 grammi di CO2 (in caso di allegati molto grandi), sino alle transazioni in bitcoin, vere e proprie energivore: secondo uno studio di Digiconomist, una singola transazione bitcoin utilizza la stessa quantità di energia che consuma una famiglia americana media in un mese.
Chissà quanta energia è stata spesa per scrivere questo articolo, ricercare le fonti su Internet, inviarlo per mail in redazione e pubblicarlo su LabParlamento.it; speriamo, almeno, ne sia valsa la pena.