Compie un passo avanti decisivo la revisione costituzionale degli articoli 9 e 41 della Carta, inserendo in senso generale il criterio della tutela ambientale, esplicitato nel concetto di preservare per le future generazioni ecosistemi e biodiversità, con particolare riguardo alla salute ed alla tutela degli animali, oramai pacificamente acquisiti al nostro sistema giuridico come esseri senzienti e meritevoli di tutela e diritti.
Ad iter costituzionale definitivo i nuovi articoli novellati metteranno l’Italia tra le nazioni che si ispirano a principi di primato della tutela dell’ambiente e della salute. Di per sè la novella costituzionale integra e specifica principi che la Corte costituzionale aveva già affermato e chiarito, e di recente ribadito, con le sentenze in relazione ai vari provvedimenti relativi all’Ilva di Taranto o sugli impianti eolici.
La Corte ha sempre chiarito, anche prima della novella in iter di revisione, che la tutela dei beni primari della salute e della tutela dell’ambiente sono da considerarsi il punto cardine nell’interpretazione di qualsiasi provvedimento legislativo. Da quel punto occorre individuare il limite interpretativo, usando come metro il bilanciamento delle esigenze di vita e sviluppo economico necessario.
La novella, quindi, ammoderna concetti già pacificamente acquisiti dalla giurisprudenza costituzionale e sposta in modo chiaro e in senso ecosostenibile il nostro sistema giuridico. Fin qui non può che esserci unanime apprezzamento. Occorre, però prestare attenzione a ciò che comporta un tale atteggiamento di maggiore consapevolezza ambientale che non deve fermarsi alle affermazioni di principio e deve esplicarsi in una radicale riforma delle norme e delle condotte.
Un esempio: ciascuno di noi ha, in fondo a qualche cassetto, tre o più vecchi cellulari dismessi per obsolescenza tecnologica, tutti con batterie e chip al silicio che hanno sottratto materie al pianeta ed ora, trasformate dall’uomo, sono pericolosi inquinanti se non si trova un sistema di rigenerazione. Eppure, ogni anno vengono immessi sul mercato nuovi cellulari con innovazioni e miglioramenti minimi che spingono al cambio del cellulare il consumatore che il più delle volte accantona un apparecchio perfettamente funzionante.
La razzia di materia prima ed il rischio di generare rifiuti è colossale, eppure nessuno ha imposto alle multinazionali degli apparecchi mobili di garantire una durata almeno decennale degli standard e degli apparecchi per evitare il consumo di materie prime e la generazione di rifiuti. Ecco il punto, la cultura ambientale ha un costo economico e se applicata in maniera rigorosa, come dovrebbe essere, rischia di paralizzare l’economia.
E’ bellissimo ordinare dal divano di casa un accessorio che prima si comprava sotto casa, peccato che quella comodità comporta un imballaggio che occupa più volumi di trasporto che rendono necessari maggiori vettori con enorme aggravio di inquinamento. E l’elenco è lungo anche se usate un cellulare di dieci anni fa e non fate acquisiti on line, perché fate la spesa ed il 25% di quello che mettete nel carrello è già rifiuto da smaltire perché costituito da imballaggi e confezioni e probabilmente un altro dieci per cento finirà sprecato perché i quantitativi previsti dal marketing vi impongono di acquistare un determinato numero od un determinato peso che è più di quanto vi serve.
Che cosa succederebbe se da domani, nell’ottica dei principi costituzionali, si tornasse a vendere il cibo od i prodotti di consumo (saponi e detersivi ad esempio) con contenitore anonimo che lo stesso consumatore utilizza più volte solo per trasportare il prodotto a casa e solo per il quantitativo necessario, o si imponesse che un apparecchio tecnologico deve durare almeno dieci anni? Sarebbe il collasso delle filiere produttive, del packaging e delle multinazionali della tecnologia, ma in pochi mesi si vedrebbero i risultati sull’ambiente e la qualità della vita.
Questa la sfida di una Costituzione più viva che mai, adesso a noi ed al legislatore renderla veramente operativa, con una decrescita felice e nuovi obiettivi per l’umanità. Sognare non è un peccato, interpretare le norme ed i comportamenti secondo i principi costituzionali è un dovere a cui non bisogna venir meno.