Il virgolettato inserito volutamente e con fare provocatorio dalla nostra redazione non è stato pronunciato da nessun componente del Governo in via ufficiale, ma probabilmente ci vorranno far capire proprio questo.
“Chiudere ora per salvare la Pasqua”. Vi ricorda nulla?
A noi sì: la stessa frase pronunciata in una sera d’autunno dall’allora Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, quando in piena seconda ondata di contagi da COVID-19 apportò una stretta ulteriore, chiudendo di fatto bar e ristoranti alle ore 18 (regola ancora vigente) e dando il via alla famosa colorazione delle Regioni.
Sarebbe servito per salvare il Natale, ci fu detto. Non accadde, tanto è vero che per tutte le Festività siamo rimasti chiusi in casa o comunque fortemente limitati (questo concetto valido forse solo per chi davvero, volente o nolente, ha rispettato le regole). Comunque, giri di parole, chiacchiere, supposizioni e quant’altro a parte, si sta facendo sempre più forte e insistente la voce che il Governo guidato da Mario Draghi, proprio mentre è in pieno svolgimento la campagna vaccinale, in concomitanza purtroppo di un nuovo rialzo di contagi, sia pronto a nuove forti restrizioni.
C’è chi parla di un lockdown generalizzato sulla stessa riga di un anno fa. C’è chi parla di zone con colori rafforzati (che poi, non abbiamo ben capito cosa significhi “rafforzato”, non potevano dire “scuro”?), di coprifuoco anticipati, di lockdown solamente nei weekend.
Insomma, nessuno ancora ha ben chiara la situazione e quello che sembra che tra pochi giorni diverrà legge, ma ovviamente c’è timore, non solo per la diffusione del virus, ma anche tra gli imprenditori del settore della ristorazione, preoccupati dalla possibile nuova chiusura, che questa volta, senza adeguati ristori, potrebbe essere davvero definitiva.
Secondo indiscrezioni sembra che le misure potrebbero entrare in vigore già in questo weekend, non è quindi da escludersi che entro le prossime ore il Premier Draghi potrebbe emettere un nuovo DPCM, una sigla fino a 365 giorni fa sconosciuta, ma ora purtroppo entrata nel gergo comune di tutti.