“I tamponi rapidi non sono una soluzione ma, se fatti con regolarità, potrebbero certamente aiutare. Andrebbero fatti nelle scuole con infermieri che giungono nelle strutture ogni 15 giorni, il tutto non a carico delle famiglie”. A schierarsi a favore del testo agli alunni è Cristina Costarelli, vice presidente dell’Anp Lazio (Associazione Nazionale Presidi), in un’intervista a LabParlamento.
Secondo lei, parlando della gestione dei trasporti della Capitale, quanto hanno influito le poche corse dei mezzi pubblici sull’aumento dei contagi nei ragazzi, prevalentemente delle scuole secondarie di secondo grado?
Quello che si può dire è che sicuramente c’è stato un problema di affollamento dei ragazzi sui mezzi pubblici. Da gennaio però, abbiamo assistito ad un’organizzazione da parte di Atac e Cotral che, con gli scaglionamenti dell’entrate nelle scuole degli studenti, ha portato ad una maggiore fluidità del trasporto.
Sono serviti i famosi “banchi a rotelle” costati 119 milioni di euro?
Sicuramente in parte sono serviti in quanto hanno permesso di accogliere in sicurezza gli alunni nelle classi. Ad esempio, al Liceo Newton di Roma dove sono dirigente, i banchi con le rotelle hanno contribuito ad aumentare la distanza tra i ragazzi. Quello che forse si poteva evitare di fare era di non proporre questi banchi, i quali hanno avuto un costo elevato.
Come si sono attrezzate le scuole di ogni ordine e grado della capitale e del Lazio per la possibile riapertura prevista dalla prossima settimana?
Da martedì risulta che le scuole del primo ciclo fino alle medie rientrino in presenza, mentre per le superiori il rientro è posticipato dopo Pasqua. Chiaramente il rientro negli istituti per pochi giorni ha un impatto importante sul piano dell’organizzazione degli orari scolastici, ma importante è anche far riavvicinare i più piccoli alla scuola perché non esiste nessuna DAD possibile che possa mantenere vivo il contatto dei più piccoli con la scuola stessa.
Molti alunni, soprattutto delle scuole superiori, hanno iniziato nell’ultimo anno ad abbandonare gli studi. Secondo lei, quali potrebbero essere le principali motivazioni?
C’è stato un aumento delle situazioni critiche da un anno a questa parte. La base di tale problema potrebbe essere collegata ad alcune fragilità interne ai ragazzi che, con l’isolamento, si sono sommate portandoli ad abbandonare momentaneamente le lezioni. Dalla mia esperienza, ciò che è realmente pesato per gli studenti è l’isolamento e le inesistenti relazioni con i docenti e i compagni.
Nelle ultime ore si legge di possibili tamponi rapidi per chi dovrà tornare in classe. E’ la strada giusta per tornare in sicurezza sui banchi?
Sappiamo che i tamponi rapidi non sono una soluzione, questo perché il tampone fotografa una situazione istantanea ma, se fatto con regolarità, potrebbe certamente aiutare. Andrebbero fatti nelle scuole con infermieri che giungono nelle strutture ogni 15 giorni, il tutto non a carico delle famiglie. Sicuramente questa opportunità non è risolutiva ma rispetto al non far niente può essere un contributo. Sappiamo inoltre, che l’obbligo del tampone non è possibile per legge in quanto rientrante nelle libertà individuali.
In molte scuole della capitale le ore di lezione sono inferiori rispetto agli anni passati. Quali sono secondo lei le motivazioni? I pochi professori o la mancata gestione della scuola nel far combaciare gli orari con le altre classi?
Quello è che è inferiore è la qualità dell’insegnamento. Faccio un esempio: la metà dei ragazzi che sono a casa non possono seguire allo stesso modo rispetto ai ragazzi che sono in presenza quindi, a rotazione, ogni studente si perde il 50% di reale presenza. Quello che ora si sta cercando di fare è di dare supporto per chi segue da casa, come del materiale audio che può essere riascoltato più volte; di cercare di lavorare più sulla qualità che sulla quantità. La discontinuità certamente non ha portato ad una eccellente didattica. Ci si augura nel futuro che questo discorso della DAD, integrata con la presenza, possa essere portata a sistema e diventi realmente un’innovazione didattica.