La pazienza ha un limite che solo la disperazione riesce ad infrangere. La crisi economica dovuta alla pandemia ha messo in ginocchio i lavoratori autonomi italiani. Parliamo di 4,6 milioni di partite iva, il numero più alto in Europa. Da sempre nel mirino dei governi di ogni colore politico, nelle finanziarie degli ultimi vent’anni sono stati oggetto di vessazioni e provvedimenti di ogni genere sempre volto ad aumentarne imposte e controlli piuttosto che sostegni e agevolazioni.
In questo clima di incertezza, in attesa che il nuovo governo Draghi batta un colpo sul fronte dei sostegni a queste categorie di lavoratori, le partite iva hanno deciso di “alzare il tiro” lanciando un’iniziativa storica che potrebbe avere ripercussioni pesanti per lo Stato italiano, oltre a fare da apripista negli altri paesi europei.
Si tratta della cosiddetta “messa in mora” giustificata dai mancati ristori, nonostante la situazione emergenziale imponesse allo Stato di prevedere immediati risarcimenti per chi ha subito danni. A lanciarla è l’associazione Partite Iva Insieme per Cambiare, un movimento spontaneo nato un anno fa su facebook che oggi raccoglie sui social oltre 450mila iscritti, che mercoledì 10 marzo, a partire dalle ore 10, sarà a Roma a Piazza del Popolo per il primo storico sciopero delle Partite Iva. Una manifestazione alla quale hanno aderito, fra le altre, le associazioni Apit, Pin, Movimento Impresa, Italia che Lavora, Robby Giusti Associazione Nazionale Dj, Aias, Aisp, Rete P.Iva, Mio, Conflavoro, Confsal, Fipe/Silb.
“È dovere dello Stato risarcire queste attività ingiustamente declassate a capro espiatorio rispetto ad altre categorie, come ad esempio i dipendenti pubblici o i politici stessi, i quali hanno continuato a ricevere il loro stipendio in maniera completa”, spiega il vice presidente dell’associazione, Francesco Tribuzio.
Le contestazioni sollevate allo Stato italiano muovono dall’art.3 della Costituzione, il quale considera tutti i cittadini uguali davanti alla legge, l’art. 41, che garantisce il diritto alla libera impresa e gli articoli 22 e seguenti della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. In particolare, l’art. 2045 del Codice Civile recita: “Quando chi ha compiuto il fatto dannoso vi è stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona ed il pericolo non è stato da lui volontariamente causato né era altrimenti evitabile, al danneggiato è dovuta un’indennità la cui misura è rimessa all’equo apprezzamento del Giudice“.
“Sul nostro sito le parti lese che vorranno aderire all’iniziativa potranno trovare, a titolo completamente gratuito, tutte le informazioni, la lettera e le indicazioni necessarie alla corretta compilazione della stessa. Se le richieste non saranno accolte e soddisfatte ci riserveremo di adire le vie legali, portando il Governo davanti al Tribunale di Roma ed eventualmente anche alla Corte Europea dei diritti dell’Uomo“, prosegue il vice presidente di Partite Iva Insieme per Cambiare.
L’associazione Partite Iva Insieme per Cambiare ha lanciato da mesi una serie di proposte fra le quali maggiori indennizzi alle attività colpite, la liquidità immediata alle imprese, la riduzione del carico fiscale al 30-35%, la presunzione di innocenza in campo fiscale secondo il principio “nessuno è evasore fino a prova contraria accertata da sentenza definitiva”, il no al pagamento anticipato delle imposte come gli acconti d’imposta, la sanatoria dei debiti tributari pendenti in base all’effettiva capacità contributiva di ognuno e dilazioni lunghe (10-15 anni), il no a limiti al contante, l’introduzione di ammortizzatori sociali a protezione del reddito anche ai lavoratori autonomi e, infine, la semplificazione della burocrazia.