L’Organizzazione Mondiale della Sanità prevede nei prossimi anni una “epidemia di patologie mentali”: con il Covid non solo la salute fisica è a rischio, ma anche quella psicologica. Isolamento, paura, incertezza, turbolenze economiche, lutti, perdita di reddito, disoccupazione: un mix pericoloso che porterà oltre un milione di nuovi casi di disagio mentale nel nostro Paese, secondo la Società Italiana di Neuro Psico Farmacologia. A lanciare l’allarme è la dottoressa Giovanna Raimondo, psichiatra e responsabile di Colle Cesarano, struttura Residenziale Psichiatrica alle porte di Roma.
Dottoressa Raimondo, c’è davvero un allarme legato ad un’epidemia di patologie mentali?
In questi mesi di pandemia sono aumentati i primi ricoveri, ovvero persone che non hanno mai avuto accesso a cure psichiatriche. Si è abbassata inoltre l’età media dei pazienti: in questo momento abbiamo in cura diversi ragazzi di 18-20 anni. E con l’abbassamento dell’età, sono cresciuti l’uso di sostanze, che spesso va di par passo con le patologie psichiatriche e i disturbi alimentari.
Il dato più preoccupante sembra essere proprio quello relativo agli adolescenti. E’ così?
Tra i più giovani, un dato allarmante è la crescita dei tentativi di suicidio, soprattutto tra le fasce adolescenziali. C’è da considerare poi una questione fondamentale ovvero il sovraccarico sul territorio dei problemi psichiatrici, legati alle restrizioni sociali che hanno imposto le chiusure di centri di assistenza e di accoglienze volti al supporto di chi soffre di disagio mentale.
Il Sistema Sanitario Nazionale ha retto all’impatto?
La mancanza di strutture sul territorio ci ha portati a gestire qui a Colle Cesarano pazienti che in una situazione di “normalità” avrebbero retto, ma che invece si sono aggravati. Noi dovremmo prenderci cura dei casi estremi, essere la punta dell’iceberg di tutto un tessuto di servizi sul territorio che, però, a causa della pandemia è venuto a mancare. Viaggiamo con i reparti pieni (i posti letto totali a Colle Cesarano sono 200), soprattutto quelli dedicati agli acuti e sub acuti, che pesano sulla gestione generale. In questo momento abbiamo un incremento delle richieste di ingresso e un conseguente allungamento delle liste di attesa, dovute anche alle procedure Covid che prevendono un rigido protocollo, al quale ci attendiamo scrupolosamente, infatti, non abbiamo avuto casi Covid all’interno della Struttura, procedendo con l’isolamento dei pazienti nuovi per i primi giorni, doppio tampone e una serie di altre prassi.
I vostri pazienti sono rimasti isolati è avete consentito incontri con i familiari?
Sono stati mesi duri e lunghi per i nostri pazienti, che non vedono i familiari da molto tempo. Abbiamo un’utenza giovane, quindi madri e padri che non hanno potuto incontrare i figli. Qui a Colle Cesarano ci siamo vaccinati già a inizio anno, ma purtroppo, poi la situazione di contagio all’esterno è peggiorata e solo da pochi giorni abbiamo potuto riaprire le visite esterne, con tutte le attenzioni necessarie. Con cautela e precauzione stiamo anche riprendendo le uscite sul territorio, cercando di riattivare nei pazienti un minimo di autonomia. Ma la fatica è enorme, soprattutto con persone che per anni hanno vissuto in ambienti psichiatrici istituzionalizzati e che invece qui a Colle Cesarano avevano trovato una struttura in grado di accoglierli e riabilitarli.