Il popolo dei Caregiver sarà inserito fra le categorie prioritarie per il piano vaccini. Un “atto dovuto” nei confronti di 7,3 milioni di cittadini che ogni anno si occupano di assistere gratuitamente persone affette da malattie croniche. A livello delle istituzioni italiane l’On. Luca Rizzo Nervo, Parlamentare del Pd, si è fatto carico di questa situazione avanzando la proposta di introdurre nel calendario vaccinale nazionale come categoria a rischio i caregiver.
Onorevole, in quale direzione va questa decisione di priorità dei vaccini ai caregiver?
“Rientra in una strategia più complessiva che ha visto decidere le priorità vaccinali partendo non solo dal dato anagrafico a ritroso, dagli ultra ottantenni sino ad arrivare via via alle persone più giovani, ma anche dalla conoscenza della necessità di individuare delle categorie, delle persone che sono portatori di bisogni particolari e che, appunto, necessitano priorità nella cronologia vaccinale.
Tra queste categorie, rientrano sicuramente le persone disabili e su questo già le Regioni si stanno operando in vario modo; ma in questo quadro abbiamo sottolineato, con una indicazione che è venuta proprio dal Parlamento, l’urgenza di inserire anche i caregiver familiari, in particolari nei casi in cui questa figura sia colui o colei che cura una persona disabile che, per età (minori di 19 anni) o che per patologia, non possa a sua volta vaccinarsi”.
Perché inserire la figura del caregiver familiare?
“Si tratta di un’esigenza nata dalla relazione con tante famiglie e tante situazioni per le quali la pandemia ha reso ancor più complessa la gestione delle persone con disabilità al proprio domicilio. Realtà per le quali l’impossibilità a muoversi e ad uscire è un elemento che, spesso, incide negativamente sui percorsi terapeutici. Altro elemento importante che abbiamo valutato è il maggior rischio di un’evoluzione patologica grave del Covid per persone con alcune forme di disabilità. Quindi, il fatto di tutelare i casi di queste persone, sia il disabile, sia il suo caregiver, è un atto di responsabilità necessario”.
Alcune categorie di caregiver familiari sono però rimasti fuori dalla lista delle priorità, come mai?
“Si tratta di un problema enorme del quale, a livello parlamentare, ci stiamo occupando con attenzione. Nella definizione delle priorità vaccinali si sono individuate alcune forme di disabilità escludendone altre, ma stiamo lavorando affinché tutta una serie di categorie al momento escluse, tra le quali, la più evidente è quella delle persone che soffrono disturbi dello spettro autistico, possano al più presto sottoporsi a vaccino. A maggior ragione, risulta fondamentale vaccinare anche i caregiver di queste persone per evitare situazioni di contagio che renderebbero molto difficile e complessa la gestione di chi hanno in cura, con il rischio che ciò incida pesantemente, oltre a quanto non abbiamo già fatto lockdown e chiusure, sui percorsi terapeutici e di qualità della vita. È un tema di grande attenzione e all’ordine del giorno. Speriamo di trovare dal Governo disponibilità ad accogliere questa questione”.
Cosa manca secondo Lei e cosa si può o deve fare come istituzioni in merito alle tutele e ai diritti dei caregiver?
“La prima cosa da fare, e siamo già in un colpevole ritardo, è arrivare a una legge nazionale di riconoscimento della figura del caregiver che preveda sostegni e riconoscimenti contributivi per chi si occupa continuativamente di chi non è autosufficiente e che ne garantisca anche il supporto psicologico rispetto a un onere enorme da un punto di vista esistenziale per queste persone, che tuteli i percorsi lavorativi, offra un’assistenza contributiva rispetto al fatto che la cura del proprio caro impedisce loro di fare altro se non, appunto, occuparsi completamente del figlio, genitore o familiare disabile”.
Su questo alcune regioni hanno però intrapreso un percorso legislativo autonomo.
“Alcune regioni, come l’Emilia Romagna, hanno prodotto una normativa regionale e questo è un fatto importante, ma non possiamo permettere che un problema così delicato venga affrontato solo a livello locale; si deve arrivare assolutamente a una legge nazionale, moderna, che non sia una legge manifesto ma che abbia strumenti operativi che diano riconoscimento e sostegno e che davvero incidano sulla qualità della vita delle persone che quotidianamente dedicano tempo ed energie ai propri cari disabili”.