Sino a che soglia può arrivare un Governo nella limitazione di diritti e libertà? Può un diritto o una libertà tiranneggiare su tutti gli altri sino a metterli in un angolo?
La Costituzione è ancora un quadro armonico e composito di tutele e garanzie o forse si è ridotta in un unico articolo, il 32, con una improvvisa e nascosta abrogazione delle altre disposizioni?
Può un Governo decidere ogni giorno delle esistenze dei propri cittadini, delle loro libertà e dei loro diritti in nome di un unico diritto che diviene sovrano assoluto su tutti gli altri, assorbiti in esso, estinti in esso?
Può un Governo appannare l’habeas corpus che, dalla Magna Charta (n. 39, linea 40) voluta da Re Giovanni d’Inghilterra “Senza Terra” (15 giugno 1215) alla ancora regnante Regina Elisabetta II, è alla base della monarchia di Sua Maestà Britannica e della civiltà europea ed occidentale?
Può l’Austria limitare sensibilmente le libertà e i diritti di un individuo solo perché non ha accettato l’inoculazione di un vaccino molto discusso in tutto il globo?
Possono i contenuti dell’agire normativo di un Governo essere “disposti” da una scienza niente affatto monolitica, che varia in uno stretto giro di tempo ed è espressa da mutevoli “voci”, una scienza trasformatasi in scientismo, una sorta di teocrazia laica caratterizzata da un linguaggio di sapore religioso?
Può l’Unione europea dimenticare le ceneri da cui è sorta? I diritti umani su cui si basa? I principi su cui si erge la propria Carta dei diritti fondamentali del 2000, a partire da quelli della libertà in tutte le sue sfaccettature e di non discriminazione?
Può l’ulteriore procrastinazione dello “stato di emergenza” camuffare, proprio per la durata della sua permanenza, un autentico “stato di eccezione” così come concepito da Carl Schmitt?
Un richiamo, questo, non messo a caso, ma in ragione della storia di questo importante costituzionalista il cui pensiero, dismessa la camicia bruna caduto il regime hitleriano, fu riconsiderato ed ammesso nel consesso internazionale dei giuristi del mondo libero post-bellico.
Una nuova forma di Stato assoluto appare ai nostri occhi: assoluto ma con vestigia diverse, nell’apparenza democratiche, nella forma liberali, ma sotto la sottile buccia niente affatto democratiche, niente affatto liberali.
Uno Stato assoluto che non indossa certamente più le vesti vetuste e polverose del fascismo, del militarismo, del comunismo e del nazismo, congegnando nuove modalità di azione, più raffinate, non necessitanti di carrarmati.
Uno Stato capace di incidere nell’intimo delle persone, trasformandole in “libere” opprimenti di sé stesse e delle altre, una nuova forma di Stato assoluto, anticipata già da anni dalla letteratura distopica (vocabolo assonante con dispotica): uno Stato orwelliano che simula una democrazia dissimulando, invero, una dittatura “democratica” o, se si predilige, una democrazia autoritaria in cammino verso una dittatura avente lo sguardo rivolto in direzione di una tirannide.
La qualificazione di Stato orwelliano innova ed integra la forma di Stato di tipo assoluto, qualificazione di cui la Dottrina nel futuro non potrà non tenere in debito conto. Studiosi del diritto, della storia e della filosofia (discipline, anche inconsapevolmente, del tutto complementari fra di loro) volgano la mente allo Stato vessatorio descritto nel “Leviatano” di Hobbes, in una versione, però, nella quale i suoi abitanti partecipano, volontariamente e quasi con gioia ed entusiasmo, alle catene che vengono avvolte ai loro polsi.
Tutto questo, come ogni privazione delle libertà che la storia ci insegna, è fatto per il bene supremo del popolo sovrano, per proteggerne la salute fisica, dimentichi che l’art 32 della Carta difende anche la salute psichica.
La storia non è affatto maestra di vita perché non insegna mai nulla agli esseri umani, troppo presi dal contingente per girarsi indietro verso un passato non solo remoto ma, purtroppo, anche prossimo.