Il Covid-19, con la piena consapevolezza del suo avvento, ha appena spento le prime candeline, portando con sé una scia di conseguenze riflesse che si sono abbattute, come un macigno, su giovani e settore ristorativo.
La pandemia in atto, infatti, ha aggravato e potenziato il tasso di disoccupazione giovanile: i numeri sono da capogiro.
Gli under 35 muniti di un impiego stabile, tra la fine del vecchio e il principio dell’anno in corso, hanno subito una flessione del 4%, facendo conquistare all’Italia il terzo posto sul podio dei paesi più martoriati d’Europa nella classifica della disoccupazione. Dalle analisi ISTAT non emergono risultati più rosei, dato che, degli 841 mila posti di lavoro persi, la metà apparteneva ai nostri ragazzi. Anche chi non è stato costretto a rimanere a casa, ha comunque dovuto patire l’influsso della crisi economica, con una drastica riduzione dell’orario lavorativo giornaliero.
Per ciò che concerne i settori?
Quello della ristorazione è stato messo a dura prova con perdite stimate, nel corso del 2020, per un totale di 37,7 miliardi di fatturato. Secondo Confesercenti, sono 100mila i locali chiusi durante il lockdown che non tireranno più su le serrande; uno di questi è l’hotel romano Elizabeth, presso cui lo Chef Daniele Rossi dirigeva la cucina dal giugno 2019.
Trentadue anni di vita, dodici dei quali dedicati alla professione di chef, Daniele avrebbe dovuto, a breve, brindare all’agognata conquista del contratto a tempo indeterminato, quando, invece, la novità, tutt’altro che festosa, è stata la disoccupazione.
In attesa di una svolta professionale, Daniele ha iniziato a registrare tamponi nella farmacia di famiglia, per tenere sotto controllo proprio quel virus che gli è costato il posto di lavoro. Si tratta di un paradosso? Forse è un caso del destino, come quello che ha dato inizio al mestiere di chef Rossi. La sua storia d’amore con i fornelli comincia quando preme il tasto pausa sulla carriera universitaria, bramoso di nuove prospettive da esplorare. Proprio nel periodo di riflessione, arriva il primo approccio alla cucina con il corso dell’Accademia Nazionale Professioni Alberghiere (ANPA).
È il 2008: un ragazzino ventenne che di cognome si chiama come Vasco parte per il suo stage senza sapere che quel mondo, a cui si affaccia con la curiosità di un neofita, diventerà il centro del suo. Arriva il primo stipendio e la proposta di un lavoro nel ristorante dell’AC Hotel di Genova. Daniele ci pensa un po’, ma poi accetta. Questo ingresso nel “mondo” degli adulti racchiude in sé anche un ritorno all’infanzia perché chef Rossi è romano d’origine, ma nel capoluogo ligure ci è cresciuto e ci ha lasciato un pezzo di famiglia, suo padre.
Nelle cucine dell’AC Hotel incontra il suo mentore, Chef Luigi De Pascalis che lo vorrà come suo braccio destro per quattro anni genovesi e diverse esperienze stagionali in Toscana e Piemonte.
“Il 95% della mia idea di cucina l’ho mutuata dallo Chef De Pascalis. Mi ha insegnato che questa professione non è una questione di gerarchia, ma un lavoro di squadra; spesso con i colleghi si crea una sincronia di movimenti”, racconta Daniele con entusiasmo.
Nel 2014 torna a Roma, dove si ricongiunge con la terra natia e l’altra metà di cuore, la mamma.
Approda in un agriturismo con cantina della campagna romana: a Fiorano la prima volta di Chef Rossi al “timone” dei fornelli, con una cucina incentrata su materie prime a km 0 ed ecosostenibili.
L’occasione più stimolante? Il “Fiorano for kids”, una “biosagra” a edizioni in cui Daniele ha avuto modo di lavorare a contatto con una numerosa brigata di colleghi provenienti da tutta Italia. Lo scopo? Raccogliere fondi da devolvere all’ospedale Bambino Gesù, attraverso la vendita di piatti preparati in un contesto di natura genuina.
Il 2019 è l’anno dell’Elizabeth e la storia, accennata un po’ di righe fa, sembrava non trovare una conclusione gioconda. L’apparenza, però, a volte inganna perché questo racconto di vita un lieto fine ce l’ha.
Il prossimo aprile Daniele Rossi volerà a Porto Cervo per dirigere la cucina di un Lounge bar della cittadina “smeralda”.
“Ricomincio in un posto nuovo, con la consapevolezza che finchè non ci entri dentro non ti appartiene”.
Ecco l’epilogo felice di un periodo che non era di certo cominciato come una favola, ma prende forma, sotto il sole di una primavera sarda, che ha il sapore di piatti di mare e della voglia di ricominciare dal punto in cui si era lasciato.