L’ultimo Consiglio dei Ministri andato in scena ieri, il primo dopo la controversa rielezione al Colle di Sergio Mattarella, è solo la goccia di un vaso che da settimane fa acqua da tutte le parti. E non certamente per le bizze isteriche della sua inconsistente maggioranza, con i vagiti di Matteo Salvini, tutto preso dal vorrei cacciarlo ma non posso (perdere le poltrone), e i coltelli affilati nel M5S per la guerra fratricida fra Giuseppe Conte e Luigi Di Maio.
A certificare l’imbarazzante buio in cui brancola l’esecutivo dei Migliori sono le parole trionfanti di SuperMario Draghi e quelle del ministro dell’istruzione, Patrizio Bianchi, fianco a fianco in una conferenza stampa come al solito pilotata con domande “acchittate” e risposte preconfezionate.
Draghi e Bianchi o Draghi e Speranza, sono sempre a braccetto, come nella scena del film Titanic, peccato che gli attori non protagonisti di questo psicodramma in salsa tricolore siano al timone, inconsapevolmente, di un Paese sull’orlo del disastro sociale.
Usare termini trionfanti come “siamo pronti a riaprire” di fronte alle nuove norme sulle quarantene scolastiche, oggi, comincia a non avere neppure il retrogusto amaro di presa in giro, fin qui saggiato dagli italiani.
Una scuola che in questi due anni di pandemia, soprattutto nel 2021, anno nel quale l’emergenza essendo divenuta cronica non poteva neanche più lessicalmente chiamarsi tale, non ha fatto nulla più di quanto i precedenti governi, di qualunque colore politico, avessero fatto: zero, come zero in pagella dobbiamo dare al super professore alla guida di ministri superdotati (anche di risorse economiche per affrontare la crisi e fin qui mal usati).
Una scuola che da lunedì, a seconda dei diversi gradi di istruzione, resterà aperta addirittura in presenza di cinque casi di positività, senza in alcun modo valutare la consistenza numerica delle singole classi, cosa che con le classi pollaio avallate dal ministro Bianchi può significare tutto e nulla. Cinque alunni su una classe di quindici, dovrebbe sapere l’ex banchiere, significa il 30% dei casi, mentre 5 casi su una classe di 25 alunni è una percentuale ben diversa.
Un pò come la scena vista negli stadi di calcio dove il limite inizialmente imposto del 50% veniva incredibilmente applicato senza valutare la capienza degli stadi e soprattutto dei diversi settori, con il risultato delle solite curve stipate di ultras, spesso senza mascherina e ovviamente senza steward a controllare.
Fosse solo questo ci rassegneremmo, invece dobbiamo sentirci ripetere, con uno stucchevole tono da oratore plenipotenziario, che “tutto va bene”, che “sulla scuola abbiamo fatto tutto bene“, salvo poi scoprire che, dopo gli inutili banchi a rotelle acquistati dalla ministra Azzolina, anche il “migliore” Bianchi, predestinato per la scuola da SuperDraghi, ha avuto il merito di non cambiare nulla, dagli investimenti sulla dad, alla gestione della drammatica situazione riguardante i milioni di studenti disabili che il Professore con la sua banda di sapienti ha abbandonato al proprio destino, senza alcuna forma di sostegno a distanza, vanificando tragicamente il percorso scolastico, già fortemente discriminatorio nel nostro Paese.
La scuola, così come la sanità, sono la cartina di tornasole di un fallimento i cui danni irreversibili saranno pagati dalle generazioni future. Giovani allontanati dalla scuola, rinchiusi in casa, con una crescita esponenziale di disagio psichico e sociale che sta ghettizzando una vera e propria fetta di popolazione (giovani, anziani e persone fragili) in un cono d’ombra invisibile, colpevolmente abbandonati dallo Stato.
Ma veniamo alla malattia. Per mesi abbiamo subito il mantra del “Vaccino può“. Uno slogan vincente che il duetto Draghi-Speranza avrebbe potuto anche portare a Sanremo con grosse possibilità di successo.
Ad oggi, e seguiamo lettera il vangelo di Mario e Roberto, abbiamo 49 milioni di concittadini ad avere almeno una dose (90,84 % della popolazione over 12), 47,4 milioni di persone che hanno completato il ciclo vaccinale (l’87,86 % della popolazione over 12) e un totale di ben 50.107.881 di concittadini con almeno una dose più i guariti da al massimo 6 mesi (92,78 % della popolazione over 12).
Numeri che, se si fosse seriamente investito nelle cure per il Covid e nell’implementare i servizi di base dell’assistenza sanitaria, ad oggi avrebbero dovuto indiscutibilmente portare ad un “libera tutti”, senza se e senza ma.
Invece, la litania dei “migliori”, rafforzata dalla riconferma di Re Sergio, imposta dai parlamentari in cerca di pensione (oltre che di autore), ci racconta di un Paese che “lentamente viaggia verso l’uscita dalla Pandemia”, dando poco ascolto alle parole dell’unico medico nel governo, il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, che proprio ieri diceva che “si può ragionevolmente pensare di trattare la pandemia come un’influenza“.
Questo lo scenario generale. A margine le milioni storie degli italiani, dalle più tragiche a quelle tragicomiche, come il caso di chi scrive, condannato agli arresti domiciliari dal tribunale dei “Migliori” per aver contratto un mal di gola durato meno di ventiquattr’ore, ma da oltre quindici giorni reo di non avere il tampone ancora “pienamente” negativo.
Il tutto, ironia della sorte, con un green pass pienamente funzionante e un numero di tamponi messi nel bilancio familiare che supera di gran lunga la doppia cifra, tutto sempre e solo a carico degli utenti.
Così volle SuperMario, super soprattutto nel mettere le mani nelle tasche dei lavoratori, meglio ancora se piccole aziende o partite iva, condannate a morte da chi lavora ai dossier mitologici del Pnrr senza mettere il naso fuori dalla stanza dei bottoni, dove il Paese reale, con milioni di lavoratori a spasso e migliaia di aziende che continuano a chiudere, è sull’orlo di un fallimento sociale e umano ancor prima economico.