La scuola è finita e sono iniziati gli esami di Maturità. Dopo il periodo delle lezioni a distanza, banchi a rotelle, esami e valutazioni condizionati da questo evento, tutto sembra tornato alla normalità, apparentemente… Qualcosa è cambiato, sono diversi i nostri ragazzi, che hanno manifestato problemi psicologici, carenze scolastiche e un senso di smarrimento e ansia.
Leonardo Sciascia maestro dal 1949 al 1957, scriveva riguardo alla sua esperienza “accoreranno molti anni perché la scuola diventi scuola, entro in aula con lo stesso animo dello zolfataro che scende nelle oscure gallerie”. La realtà con cui si misurava era di ragazzi infreddoliti, affamati, costretti a lavorare dopo e anche durante la scuola, con un programma scolastico alieno dalle loro condizioni di miseria.
Non siamo in quella situazione ma la difficoltà di relazione e l’abbandono scolastico specie nelle fasce più deboli sono un dato evidente. A cercare di arginare il problema sono proprio gli Insegnanti che specie in situazioni di degrado e difficoltà diventano un punto di riferimento, per ragazzi disagiati e con problemi e “bisogni educativi speciali”.
Queste considerazioni si evidenziano nel libro della Docente di Lingua Inglese, Jessica Lo Jacono “Tutti in classe, Storie scolastiche di straordinaria quotidianità”, il libro raccoglie le esperienze particolari vissute da diversi docenti, tutte con un comune denominatore, il bisogno degli studenti di essere ascoltati e guidati.
“Insegnare con passione può far diventare l’Istituzione Scolastica, un luogo dove può albergare il bello” afferma la Prof Jessica, che si mette nei panni degli altri, empatica si rivede negli sguardi dei suoi ragazzi; lei piccola timida che pensava di non piacere ed essere apprezzata, che cercava continue rassicurazioni rispetto alle sue insicurezze: “dai quartieri periferici, dove insegno, arrivano piccoli terremoti, cerco di infondere in loro fiducia, quella che spesso non si riconoscono”.
Nel libro si sorride e si prova tenerezza per le vicende a volte surreali, come il tonfo che si sente in classe proveniente dall’armadio, il docente un po’ intimorito apre e scopre all’interno un’alunna che così esordisce “Professore non ci si metta pure lei, stanotte non ho dormito, anzi mi dovrebbe ringraziare per essere venuta a scuola”; oppure a seguito a un’azione disciplinare, un ragazzo così risponde: “Prof lei è il mio respiro”. Ordinaria quotidianità è anche lo studente che ripreso così replica: “l’anno scorso ho avuto sette sospensioni, una il secondo giorno, la scuola è iniziata da un paio di mesi…cominciavo a stare in pensiero”.
Vi sono anche confidenze che diventano richieste d’aiuto: “Sono l’unico che non è stato in galera, gli sbirri ci hanno chiuso l’attività (spaccio), c’era chi la prendeva, chi la tagliava, chi l’impacchettava e chi la vendeva”. Non si può rimanere indifferenti a fronte di certi atteggiamenti, comportamenti e affermazioni, nonostante quello che afferma lo psichiatra Morelli che recentemente ha scritto “l’insegnante dovrebbe rappresentare l’autorità del sapere e conoscere i codici della crescita”. Parole che sembrano fuori contesto rispetto al fatto che il compito dei docenti è sempre più di “Educatore”. Una testimonianza è nelle parole del ragazzo che così si rivolge al Tutor, battendosi il petto: “ Ti devo dire una cosa importante, mi sei entrato qui”, o chi l’anno successivo si preoccupa di avvisare i nuovi arrivati “Picciotti la vedete questa Professoressa, appena qualcuno la tratta male, vi faccio nuovi a tutti”.
Riconoscimento e affetto testimoniati da numerosi video che girano sul web, dove si vedono applausi, ali di ragazzi che accompagnano all’uscita il docente avviato alla pensione, le penne posate sulla cattedra, persino l’alzarsi in piedi sui banchi con il famoso “capitano mio capitano”, il tutto tra emozioni e lacrime.
Testimonianza di quanto l’attenzione può fare la differenza è nel biglietto ricevuto dalla Professoressa Lo Jacono, nell’ultimo giorno di scuola: “Per ogni volta che ci hai aiutato, per tutta la dolcezza che ci hai donato, per averci spiegato come condividere, senza smettere di sorridere, per averci insegnato cos’è la lealtà con grande semplicità, per esserci stata sempre, ti siamo grati e non sai quanto…”.
E’ quel “soggiacere alla passione Socratica per l’insegnamento” che va oltre il rispetto dei programmi ministeriali, il trasferimento di competenze, è quello che i ragazzi sempre più orfani del rapporto con gli adulti, cercano, riconoscono e apprezzano.