I comuni stereotipi sugli insegnanti raccontano che la Didattica a Distanza (DAD) è per loro una manna: oltre a lavorare solo mezza giornata, fruire di tre mesi di vacanza all’anno e guadagnare uno stipendio intero (per quanto ridotto), non devono nemmeno recarsi al lavoro, ma possono comodamente erudire i ragazzi dal loro domicilio.
Ebbene, le cose stanno assai diversamente e ogni affermazione sarà fuorviante se prima non analizzerà la “tipologia del rapporto con l’utenza” che il docente intrattiene coi propri alunni. Solo allora potrà essere effettuato il confronto tra Didattica in Presenza (DIP) e DAD e valutarne la ricaduta sugli stessi insegnanti. Questa, sia ben inteso, avrà luogo anche sugli studenti ma non è al momento oggetto di questo articolo.
Pochissime persone conoscono le peculiarità della professione insegnante che, se fossero note, consentirebbero di distruggere in un attimo gli infondati stereotipi che tengono in ostaggio la categoria e disvelerebbero l’amara verità. Quest’ultima è fotografata da un dato impressionante: le inidoneità all’insegnamento tra i docenti, riconosciute nelle Commissioni Mediche di Verifica, presentano una diagnosi psichiatrica nell’80% dei casi.
A cosa è dovuta questa impressionante percentuale di disturbi psichiatrici (90% sindromi ansioso-depressive e 10% psicosi e disturbi della personalità) che ribalta ogni credenza popolare? La risposta risiede proprio nella particolare tipologia di rapporto con l’utenza. Questa presenta peculiarità uniche riscontrabili nella sola professione docente: rapporto con la medesima utenza, diretto, continuativo, prolungato, quotidiano, asimmetrico, intergenerazionale, minoritario (1:30), confidenziale, “senza maschera”, affetto dal “fenomeno Dorian Gray al contrario” (i docenti invecchiano fisiologicamente mentre gli alunni/studenti ringiovaniscono a ogni cambio di ciclo scolastico).
Se poi alziamo la testa e guardiamo oltre il confine italiano troviamo situazioni analoghe in Francia, Inghilterra e Germania dove la categoria docente non solo presenta la stessa incidenza di malattie psichiatriche, ma fa registrare il più alto rischio suicidario tra tutte le categorie professionali a confronto. Tutto ciò rende ancora più invalidanti e controproducenti tutti gli stereotipi in vigore.
In attesa che istituzioni, politica e sindacati smettano di fingere che la questione non esiste (a tal proposito basti richiamare gli obblighi del DL 81 all’art. 28), preme inoltre ricordare che l’83% degli insegnanti appartiene al genere femminile e necessita di opportune protezioni anche stante l’età media di 50 anni. Tutelare le donne serve a riempirsi la bocca ma, di fatto, non interessa davvero, come dimostrano i fatti.
Dalla DIP alla DAD. Effettuata questa lunga premessa, occorre vedere ora come è cambiato il rapporto docente-alunno nel passaggio dalla DIP alla DAD. Tutto il materiale didattico ha dovuto essere trasformato da cartaceo in digitale – operazione più complessa per i docenti anziani non avvezzi all’uso degli strumenti informatici – prima ancora di avviare un rapporto a distanza non più diretto ma mediato da tecnologie. Per ricorrere a una metafora, l’insegnante si è trasformato per incanto da attore di teatro (dove vede vis a vis i propri spettatori e verifica la loro attenzione) ad attore di cinema che saprà solo dal botteghino l’eventuale successo di pubblico.
Siamo di fronte a un rapporto non più umano, ma impersonale, algido, distaccato, mediato da tecnologie e privo di empatia. Dunque, la relazione che usura sul piano psicofisico perde anche la sua componente “sim-patica” che tipicamente lenisce le asperità tra individualità inconciliabili. Lo stesso gruppo classe non è più tale ma assume la conformazione di un insieme amorfo di mattoncini di lego capaci di dar luogo a un banale agglomerato a parallelepipedo. L’uso friendly delle tecnologie da parte degli studenti ha poi ridotto l’asimmetria docente-insegnante, cosa non necessariamente positiva. Se queste sono le premesse, le conseguenze non possono essere da meno.
Le manifestazioni psicofisiche conseguenti al cambiamento. Gli insegnanti hanno dovuto affrontare tre diversi passaggi obbligati. Questi sono stati nell’ordine: passaggio dal cartaceo al mezzo informatico; utilizzo della tecnologia come mediatore della relazione; supervisione e controllo studenti indiretto.
Dal punto di vista medico si sono osservati numerosi quadri depressivi (a causa del rapporto mediato e dei vari isolamenti forzati) e delle manifestazioni ansiose (per non riuscire ad avere tutto sotto controllo direttamente). Per nulla dissimile (solo forse di maggior entità) la conseguenza sugli studenti che presentano quadri ansioso-depressivi analoghi aggravati dal fatto che si trovano affiancati da due agenzie educative in profonda crisi.
Il processo che ha portato a disgregare scuola e famiglia – mai arrestatosi nel corso degli anni – cominciò nel lontano ’68 con la contestazione studentesca e il ripudio della famiglia patriarcale. Si può o meno essere d’accordo sulle ragioni che indussero la società ad attaccare le due agenzie educative in questione, ma è sotto gli occhi di tutti la mancanza di validi riferimenti per le nuove generazioni. La famiglia svuotata e destabilizzata così come la scuola in DAD suggellano una crisi che non conosce soluzione se non quella del ritorno alla normalità.