“Sempre più il conflitto Arabo-Israeliano e quello Siriano si legano in un gioco più grande regolato da alleanze fluide dove l’odio del mondo arabo per Israele impallidisce se paragonato a quello che divide sciiti e sunniti nel mondo mussulmano”. A parlare è l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi, ex Capo di Stato Maggiore della Marina Militare.
di Daniele Piccinin
Ammiraglio De Giorgi, che idea si è fatto della situazione siriana?
La Siria, che già da sette anni è martoriata da una guerra civile, è diventata un “laboratorio” nel quale si manifestano coalizioni e giochi di potere che sembrano rappresentare il futuro nelle nuove relazioni internazionali nell’epoca di Trump e di Putin.
Ci sono segnali che possono prefigurare una Guerra Fredda 2.0?
Mai, da decenni, la situazione internazionale è stata più tesa. C’è chi dice che sia tornata la guerra fredda. In effetti i due maggiori contendenti e i loro alleati stanno già combattendo, ad esempio in un teatro di guerra angusto e confuso come quello Siriano. Vi è però una differenza fondamentale. Nella guerra fredda l’ideologia giocava un ruolo fondamentale. Da un lato c’erano le democrazie occidentali che si riconoscevano nel capitalismo, dall’altro dittature che si ispiravano al modello marxista-leninista o almeno che dichiaravano di esserne l’incarnazione.
Pensavamo fosse superata la fase del “due blocchi” contrapposti, invece…
Due blocchi contrapposti che con i rispettivi stati clienti si dividevano il mondo in due blocchi ben riconoscibili. Le guerre si sviluppavano sulla cerniera dei due mondi, penso a Vietnam, Africa, Nicaragua. Oggi la situazione è assai più complessa, anche se è ancora riconoscibile la divisione del mondo stabilita a Yalta. Certamente si è fermata l’ondata espansiva Usa negli spazi soggetti all’Urss, che la Russia di Putin sta progressivamente rioccupando, vedi Crimea, Siria, Ucraina. In alcuni teatri, gli Stati Uniti giocano addirittura la propria partita con la Russia. Un esempio è la Libia, dove Trump ha abbandonato la linea dell’Onu per sostenere il Gen. Haftar protégée della Russia, vicino agli Arabo Sauditi e agli Egiziani, senza riguardo alcuno per gli interessi di uno dei suoi più fedeli alleati: l’Italia, a cui, in teoria, gli Usa avevano affidato il dossier Libia.
Non crede che il conflitto siriano sia sfuggito di mano alle grandi potenze mondiali?
Dopo Obama, anche in Siria gli Usa di Trump hanno sostanzialmente accettato di lasciare alla Russia di dettare la linea in Siria. La Francia è più attiva che mai, mentre la Gran Bretagna sembra in ritardo, appannata dalla Brexit e dalla peggiore classe dirigente della sua storia. L’Iran gioca da protagonista estendendo la sua influenza addirittura su una sponda del Mediterraneo. Caduto l’Iraq di Saddam, rimane solo l’Arabia Saudita a ostacolarne le mire espansive. Sempre più il conflitto Arabo-Israeliano e quello Siriano si legano in un gioco più grande regolato da alleanze fluide dove l’odio del mondo arabo per Israele impallidisce se paragonato a quello che divide sciiti e sunniti nel mondo mussulmano.
Perché ritiene che dalla Siria possa partire un conflitto tra Israele e Iran?
Nella notte tra l’8 ed il 9 aprile, due F-15 hanno attaccato la base militare T4 in Siria causando la morte di almeno 12 militari. Incerta inizialmente la nazionalità dei due velivoli, solo pochi giorni dopo è stata confermata ai media direttamente dagli alti esponenti militari israeliani che hanno deciso l’attacco. Secondo fonti israeliane, infatti, la presenza militare di Teheran in Siria ammonta ad almeno 15mila militari e pasdaran cui si aggiungono 10mila Hezbollah libanesi e circa 50mila miliziani sciiti iracheni, afgani e pakistani. Il disegno iraniano sarebbe di espandere la propria influenza di potenza sciita a Iraq, Siria e Libano, circondando di fatto Israele da una tenaglia Iraniana.
Quello messo in campo dalle forze israeliane è il cosiddetto attacco preventivo, Giusto?
L’intelligence israeliana sa che gli iraniani stanno usando il territorio siriano, e la cortina fumogena del conflitto civile, per passare armi al “partito” libanese Hezbollah. Sempre secondo il Mossad, quelle armi saranno usate contro Israele quando il conflitto coi libanesi si riaprirà, fattore dato quasi per certo dalla maggior parte degli analisti israeliani e molti studiosi ed esperti della regione. Teheran starebbe così sfruttando la Siria, e il sostegno dato al presidente Bashar el Assad nel mantenere il potere, per trasformare il Paese in una piattaforma militare strategica in mezzo a Israele e Arabia Saudita. Aiutati in questo dalla Russia che vede con favore il ridimensionamento nel Mediterraneo dall’influenza Saudita, troppo vicina agli Usa.
Dobbiamo prepararci ad un nuovo conflitto in medioriente?
Solo pochi giorni fa intanto il parlamento israeliano ha approvato una legge che garantisce al primo ministro Benjamin Netanyahu, previa la sola consultazione con il ministro della Difesa, di ordinare un attacco militare senza dover passare dal governo come richiedeva invece la legge esistente che necessitava l’unanimità di voti da parte dell’esecutivo per poter portare Israele in guerra. Una legge controversa e destinata ad esacerbare ulteriormente le crescenti tensioni con l’Iran. Intanto sulle prime pagine dei maggiori quotidiani e siti web israeliani si susseguono le analisi degli strateghi militari, convinti che la questione non sia più “se” ma “quando, come e dove” si concretizzerà il confronto armato tra lo Israele e l’Iran. La minaccia dell’Iran di chiudere Hormuz, qualora si concretizzasse, potrebbe essere il detonatore di una crisi di portata assai più grande e gravida di conseguenze difficili da prevedere ma che vedrebbe con ogni probabilità chiamare in causa direttamente gli Stati Uniti d’America e i suoi alleati.