Pil sostanzialmente fermo nel 2019, lievemente più ‘dinamico’ nel 2020. Prudenza nei consumi da parte degli italiani, nonostante una crescita del reddito medio delle famiglie. Permane forte disuguaglianza economica tra famiglie povere e ricche. Il rapporto dell’Istituto di statistica sulle prospettive per l’economia
Consumi degli italiani fermi, crescita del Pil pari allo 0,2% in termini reali per il 2019 e dello 0,6% per il 2020.
Questa la foto dell’Italia scattata dall’Istat nell’ultimo rapporto “Le prospettive per l’economia italiana nel 2019-2020”
Approfondiamo.
Nel corso del 2019 la domanda interna fornirebbe un contributo positivo alla crescita del Pil pari a 0,8 punti percentuali. L’apporto invece della domanda estera netta risulterebbe moderatamente positivo (+0,2 punti percentuali).
Nel 2020, invece, il contributo della domanda interna si manterrebbe su livelli simili a quelli dell’anno corrente (+0,7%) mentre la domanda estera netta contribuirebbe ancora positivamente (+0,1%).
Il ridimensionamento dei costi delle materie prime e del petrolio agisce invece in modo importante lungo la filiera produttiva, la quale subisce dinamiche in tendenziale caduta o forte rallentamento.
Vanno male sia i prezzi dei prodotti importati, con tassi di variazione annui che da giugno risultano negativi (-2,3% nel terzo trimestre), sia i prezzi alla produzione sul mercato interno, che hanno subito una caduta, assestandosi a ottobre al -4,1%.
Nel 2019, in media, il deflatore della spesa delle famiglie residenti per consumi finali è previsto in rallentamento dal +0,9% del 2018 al +0,4%.
Nel 2020, è previsto invece un progressivo recupero dell’inflazione causato principalmente dalla dinamica delle determinanti interne. Il contributo inflazionistico della componente energetica è invece atteso ridursi in linea con le ipotesi di scenario per le quotazioni del petrolio e il tasso di cambio.
Uno sguardo particolare occorre rivolgerlo alle famiglie italiane.
Per quanto riguarda i consumi, in linea sostanzialmente con la media europea, dopo la fase di stagnazione della prima parte dell’anno, la spesa delle famiglie sul territorio economico ha segnato un aumento congiunturale nel terzo trimestre (+0,4%) sostenuto dalla vivacità degli acquisti di beni durevoli (+1,9% rispetto al +0,6%), mentre i beni di consumo non durevoli hanno registrato un miglioramento più contenuto e in linea con il trimestre precedente.
Quanto alla spesa delle famiglie per servizi si è continuato a registrare un andamento meno vivace (+0,1% rispetto a +0,3%). Sia per il 2019 che per il 2020 è prevista una crescita dei consumi dello 0,6%, accompagnata da una propensione al risparmio e, nel prossimo anno, a un miglioramento del mercato del lavoro.
“Il proseguimento della dinamica positiva del mercato del lavoro – dice l’Istat – determinerebbe un aumento dell’input di lavoro a ritmi superiori a quelli del Pil (+0,7% in termini di unità di lavoro in entrambi gli anni) mentre il tasso di disoccupazione segnerebbe un deciso miglioramento nell’anno corrente (10%) per poi scendere marginalmente nell’anno successivo (9,9%)”. Nel biennio di previsione, l’occupazione è prevista crescere dello 0,7%, mentre la disoccupazione dovrebbe ridursi con una velocità più contenuta (10% nel 2019 e 9,9% nel 2020). Previsto anche un aumento dei salari e delle retribuzioni lorde per dipendente (+0,7% e +0,6% rispettivamente nel 2019 e nel 2020).
Sul fronte del reddito netto medio delle famiglie italiane, invece, gli ultimi dati dicono che la l’asticella è a quota 31.393 euro annui, in crescita sia in termini nominali (+2,6%) sia come potere d’acquisto (+1,2%). Buone notizie, però, precisa l’Istat che, “la disuguaglianza non si riduce” con il reddito totale delle famiglie più abbienti che “continua a essere più di sei volte quello delle famiglie più povere“. Diminuisce la percentuale di popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale (dal 28,9% al 27,3%) per una minore incidenza di situazioni di grave deprivazione materiale. Resta ferma al 20,3% quota di individui a rischio povertà.
Nonostante la crescita registrata nel 2017, la contrazione complessiva dei redditi rispetto al 2007, anno precedente la crisi economica, resta però ancora notevole. La perdita in termini reali è pari in media all’8,8% per il reddito familiare. La media è frutto di un andamento territoriale diversificato, che vede nel Sud Italia un livello di reddito medio più basso dell’11,9%, nel Centro dell’11%, del 6,7% nel Nord-ovest e del 6% nel Nord-est.
Se poi si guarda alla struttura delle famiglie, la diminuzione dei redditi in termini reali è più alta per le famiglie più numerose mentre è decisamente più contenuta per le famiglie con due componenti (-1,8%).